Il virologo Stracci: «Il blocco totale sarebbe sensato: un sacrificio ora per controllare la curva»

Il virologo Stracci
Professor Stracci, cosa dobbiamo aspettarci? «Dipende da quello che si fa, ma a prescindere da questo, nelle prossime...

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Professor Stracci, cosa dobbiamo aspettarci?


«Dipende da quello che si fa, ma a prescindere da questo, nelle prossime due settimane ci sarà probabilmente una sofferenza in termini di carico sui servizi sanitari. Se si interviene in maniera incisiva e si ricontrolla la curva, possiamo entrare in un periodo in cui i numeri possono essere tenuti sotto controllo. Quando lasceremo le misure cosiddette stringenti (che non so quali sono) bisognerà avere gli strumenti per mantenere questo calo e non rientrare in una fase di “non controllo”. Se non si prendono misure efficaci e di volta in volta aspettiamo di vedere se quello che si fa funziona e la situazione peggiora di settimana in settimana, rischiamo il sovraccarico, una situazione pericolosa».
Il blocco totale sarebbe una misura efficace?
«Sarebbe sensato. È una scelta che in ogni caso comporta dei rischi: se si chiude molto o tutto adesso, è probabile che si controlla la curva. Il sacrificio che si fa ora, quindi, avrebbe una certa durata. Se si continua con una situazione di “non controllo” e si aspetta a prendere misure man mano che la situazione peggiora, è possibile che si dovrà comunque chiudere. Ma questa chiusura durerà molto più tempo perché si dovranno smaltire molti più positivi che nel frattempo si sono accumulati. Il problema è vedere quanto saremo capaci di fare cosa non è stato fatto».
Ad esempio?
«Organizzare interventi più incisivi e più funzionali: assumere più persone per il contact-tracing, usare i test per fare una serie di screening, perché il problema è il carico degli asintomatici che non ferma nessuno».
E in Umbria incidono di più in questa evoluzione, perché?
«Non sappiamo perché l’Umbria abbia questo andamento più preoccupante. Stiamo male è vero, ma non drammaticamente perché molti nuovi positivi sono giovani. Questo comporta che la maggior parte hanno pochi o nessun sintomo e questi ultimi il tracciamento non li intercetta, soprattutto se controlliamo solo i contatti sintomatici. È difficile quindi impedire che questa massa di virus si riversi anche sulle persone più anziane. Dovremmo riuscire in questo».
In che modo?
«Gli aspetti sono due: uno, ciò che riusciamo a fare per controllare l’evoluzione di coloro che ormai sono positivi, l’altro, arrestare i contagi, che poi è una questione di contatti. Il problema è capire se le misure restrittive adottate sono efficaci e questo non lo sappiamo: dipende da quanto sono fatte rispettare. È un momento di decisioni».
La priorità è non mandare in sovraccarico gli ospedali?

«L’obiettivo principale è interrompere la circolazione del virus che oggi è sfuggita di mano: i servizi sanitari si trovano sotto pressione e in più si altera il resto della gestione sanitaria. La cosa più importante è la protezione, non far ammalare la gente: solo creare più posti in terapia intensiva sarebbe una sconfitta».

 

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Il Messaggero