A Umbria Jazz serve una squadra per battere Montreux e Newport

Tony Bennet e Lady Gagabennet
Con singolare saggezza, la presidente Marini ha rilanciato una teoria sul futuro di Umbria Jazz cara a queste colonne: in virtù della sua storia, il suo successo e il suo brand...

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Con singolare saggezza, la presidente Marini ha rilanciato una teoria sul futuro di Umbria Jazz cara a queste colonne: in virtù della sua storia, il suo successo e il suo brand (in italiano il peso del marchio) serve un nuovo assetto. Ma, aggiungiamo, serve da domani. Era già successo prima del fischio d’inizio del Festival. Sollevando il medesimo stupore, la presidente aveva spiegato: non so se il prossimo anno potrò ancora dare 650mila euro a Uj, quindi attrezzatevi. Lei puntava alla Luna, ma ovviamente c’è chi ha guardato il dito fino al festival di Spoleto che di milioni pubblici ne prende tre. Ma come nelle bilance dei supermarket le pere e le mele hanno due tasti diversi, così i due appuntamenti prendono soldi pubblici differenti. Sfidarsi sui denari del contribuente è come spalare il mare, inutile. Umbria Jazz è arrivata al cielo d’oggi grazie all’impegno di persone partite da zero e cresciute strada facendo. Ma quando si passa dalla serie effe alla serie A, servono due cose: squadra e ruoli precisi. Non si può più scegliere il vino, occuparsi delle tovaglie e pulire per terra in un sol uomo, come è successo (per carità, benissimo) finora. Ma serve da domani. Non è più possibile affidare le decisioni a chi fa altro nella vita rispetto allo show business come accaduto con la Fondazione Uj. Se hai l’incarico di cercare gli sponsor devi trovarli, non annunciarli. Altre sono ora le sfide, altri i tempi. Serve una squadra permanente di professionisti, perché Umbria Jazz ha i numeri di Newport o Montreux, sponsor e zero contributi pubblici. Il marchio di Umbria Jazz appartiene interamente alla Regione, quindi la Marini decida. Ma da domani.
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Il Messaggero