TERNI È stato ribattezzato, suo malgrado, il paziente 1 dell'Umbria. Ora potrebbe essere il donatore 1. Quello che il Coronavirus ha tolto in termini di abbracci...
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Terapia al plasma, la Regione cerca donatori: ecco le condizioni
Covid Italia, con il plasma i morti dal 15 al 6%: meno di mille in terapia intensiva
L'appello lanciato dalla Regione dell'Umbria non è dunque caduto nel vuoto dell'egoismo. Il trentenne di Montecastrilli, ex paziente 1, è pronto a partecipare alla sperimentazione per la cura al plasma.
E d'altra parte, il giovane aveva già dimostrato di avere senso civico, facendosi il tampone per scrupolo, dopo una febbre passata in due giorni, senza nè tosse nè problemi respiratori. «L'ho fatto - aveva detto - per scrupolo, dato che aveva frequentato in un'occasione di lavoro, un collega che veniva da Castiglione d'Adda e che, comunque stava bene». La risposta dei tamponi, però, l'avevano indicato come positivo e avevano fatto scattare la prima procedura in Umbria di isolamento contumaciale e di ricerca dei contatti. Da allora il paziente Uno dell'Umbria ha ricominciato una vita normale. La quarantena, però, è durata veramente quaranta giorni: c'è voluto molto tempo perchè il giovane fosse completamente libero dal virus. «Nel frattempo ho letto tanto, ho guardato le serie di Netflix, zappato l'orto, dato che vivo vicino ai miei genitori ma sono autonomo come abitazione». Anche i genitori avevano imparato come consegnare la spesa e gli abiti puliti in giardino, quando lui era in casa, in modo da non incontrarlo e da non avere contatti.
Ora la disponibilità a far parte della sperimentazione che coinvolgerà anche l'Umbria, che ne farà una regione pilota considerando che la terapia sarà testata su ben 127 pazienti. Una terapia che trova la sua forza nella catena di solidarietà che si verrà a creare tra i pazienti guariti e quelli che ancora lottano contro il Coronavirus. «Io sono disponibile a donare per la sperimentazione», ripete il trentenne di Montecastrilli. Poche parole che permettono allo studio coordinato per il Centro Italia dal professor Francesco Menichetti, primario di Malattie Infettive all'ospedale di Pisa, di partire con il piede giusto. «L'utilizzo del plasma dei convalescenti potrebbe dimostrarsi utile come lo è stato per l'ebola e la Sars ma dobbiamo ancora lavorare. Per essere certi che funzioni - ha spiegato il professor Menichetti - va fatta una sperimentazione che confronti chi riceve il plasma con un gruppo simile che non lo riceve e vedere i risultati». E chissà se il primo plasma sarà proprio quello dell'ex paziente 1 di Montecastrilli. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero