PERUGIA - Stanotte si è chiuso uno dei capitoli più attesi di questa Uj. Uno splendido lieto fine per i 5000 del Santa Giuliana che da settimane avevano esaurito...
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Dietro di lui un'orchestra impeccabile, in grado di assecondare i sali-scendi di una lunga scaletta, che pesca dall'intero repertorio sviluppato in cinque decadi. Se da un lato occorre dare ritmo e sostanza nei brani più accelerati, dall'altra ci solo le infinite leggerissime sfumature di poesie come "Gioco d'azzardo" o "Gli impermeabili".
Non mancano i cavalli di battaglia di una vita, come "Max", "Messico e nuvole" o "Via con Me" che concede ben due volte nella scaletta, con la seconda affidata in parte al pubblico che accompagna in un continuo scambio canzoni immortali. Pezzi capaci di mostrarsi ancora moderni in una chiave più jazzata del solito. Che si tratti di un sax, un violino o di una fisarmonica, il pubblico esulta ogni volta che un musicista si avventura in un lungo a solo. Anche se poi è il kazoo nel quale soffia lo stesso Conte a inserire qualche vena di malinconia in quel francese che lo ha fatto diventare un eroe d'autore anche oltralpe.
Un'ora e mezza di live per un personaggio che proprio a Perugia custodisce un ricordo indelebile, quel concerto del 1984 con Pupi Avati, Renzo Arbore ed Henghel Gualdi (avrebbe dovuto esserci anche Lucio Dalla). "Quella scena me la rivedo - ha detto nell'intervista concessa a RTL 102.5 poco dopo il suo arrivo in città - era un jazz fatto alla buona anche se uno come Gualdi sapeva già il fatto suo".
Novanta minuti intensi che il pubblico dell'Arena avrebbe voluto allungare quasi a sfidare le leggi del tempo e dello spazio. Ma il sipario è calato e per quell'Azzurro cui è dedicato questo tour non c'è stato spazio. Un po' di delusione si disperde tra il pubblico che comunque lascia soddisfatto questa serata. Una delle più intense e colorate dell'edizione millenial del festival. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero