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PERUGIA - Tradito e beffato. Chiede 600mila euro all'amante della ex moglie per aver distrutto la sua famiglia, ma i giudici dicono no due volte e lo condannano pure a pagare settemila euro di spese legali.
Un intreccio che lega Deruta, Spoleto e Perugia in un triangolo amoroso arrivato in tribunale per la pretesa del marito a essere risarcito dell'adulterio: non essendo più reato, l'uomo ha chiesto conto ai giudici civili della violazione dei doveri di fedeltà. Ma non alla moglie e madre dei suoi due figli minorenni, bensì all'amante, considerato “terzo” e istigatore in una poderosa rilettura degli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio e impongono la fedeltà: le corna diventano allora un illecito «che quando produce danno – secondo gli avvocati dell'ormai ex marito – dà titolo al coniuge tradito di chiedere il relativo risarcimento anche nei confronti del terzo».
LE DUE CAUSE
Una posizione che l'uomo, spoletino 54enne, ha provato a far valere fino alla Corte d'appello, dopo che i giudici di primo grado di Spoleto, rigettando la sua domanda e condannandolo una prima volta, non hanno neanche considerato provata l'infedeltà.
MAI AMMESSA LA TRESCA
Ma i due presunti amanti non hanno mai ammesso la tresca. Di certo ci sono solo le loro foto insieme su Facebook e oscuri riferimenti a gusci e minestre. «Senza castello vivo bene», scrive lei. «Minestra sei un tordo. Vai a leggere una bella storia con i tuoi compari», scrive l'altro. I giudici di primo grado hanno considerato le frasi «più incomprensibili che offensive», mentre quelli di appello hanno dato ragione all'avvocato Marco Brusco, che ha assistito in questi anni il presunto amante, 49enne di Deruta, e stabilito il suo «diritto di autodeterminazione, nonché della propria libertà sessuale, costituzionalmente garantiti». Insomma, nessuna responsabilità e nessun illecito per i giudici Claudia Matteini, Paola De Lisio e Francesca Altrui. Che hanno ribadito l'insussistenza di «una condotta illecita fonte di responsabilità risarcitoria», che ci sarebbe stata solo se fossero stati provati la violazione «di diritti inviolabili quali la dignità e l'onore» e il «nesso causale tra tale condotta e il danno prodotto». «Deve escludersi - hanno scritto i giudici nella sentenza - che in capo al terzo - estraneo alla coppia coniugale - si astrattamente configurabile alcun obbligo di fedeltà, né che dalla violazione dell'obbligo ad opera del coniuge infedele possa discendere una responsabilità risarcitoria del terzo». Ma il collegio della sezione civile della Corte d'appello ha soprattutto stabilito un precedente importante, che così eviterà ai coniugi traditi di riempire i tribunali con richieste di risarcimento per danni da corna. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero