«Ti faccio uccidere dai miei amici romeni»: indagato a Perugia ex fidanzato violento

Il tribunale di via XIV Settembre
«Quel bambino lo sgozzo come un coniglio». Un romeno di 36...

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«Quel bambino lo sgozzo come un coniglio». Un romeno di 36 anni è indagato dalla Procura della Repubblica di Perugia con le accuse di maltrattamenti in famiglia, stalking e lesioni nei confronti dell’ex compagna. «Attraverso reiterate condotte di violenza fisica e psicologica - scrive il pm nella richiesta di rinvio a giudizio - per futili motivi, in ingiurie, minacce di morte, percosse, calci e schiaffi, atteggiamenti volutamente mortificanti, denigratori e di disprezzo, maltrattava la donna e il figlio minore, con ciò instaurando un clima di sofferenza e di paura che rendeva intollerabile la prosecuzione della relazione e della convivenza familiare». Negli atti giudiziari si parla del «frequente abuso di alcol» da parte dell’indagato (difeso dall’avvocato Giuseppe Alfì), il quale «andava in escandescenze in occasione di banali discussioni, anche durante la gravidanza, rivolgendole espressioni ingiuriose e denigratorie, dimostrando gelosia ossessiva, augurando la morte a lei, ai figli e al nascituro, arrivando a dubitare di esserne il padre e minacciandola di un male ingiusto e, ad esempio cacciarla di casa o di gettarli addosso dell'acido». In denuncia la donna ha messo nero su bianco frasi pesantissime che sarebbero state pronunciate dallo straniero: «Lo prendo come un coniglio e lo sgozzo», ma anche altre «allusive all’intento di pagare terze persone dalla Romania per la sua esecuzione». Tra il 2017 e il 2020, a questo periodo risalgono le contestazioni - la donna è stata «colpita con un violento schiaffo al volto benché avesse il figlio minore tra le braccia» (quella volta danneggiò anche la culla, viene riferito). L’indagato, «gelosamente morboso e incapace di accettare la decisione della donna di porre fine alla relazione», l’avrebbe anche tempestata di sms indiretti, indirizzati ai familiari di lei, contenenti «pesanti pressioni e minacce anche di morti, affermando l'intento di ucciderla, paventando conseguenze più gravi al suo futuro ritorno dal carcere». Agli atti del fascicolo d’inchiesta c’è finito un Whatsapp con scritto: «Provocare un animale è brutto perché non sai mai quello che succede». Nel giugno del 2019 - spiega la persona offesa - «la colpiva con uno schiaffo al volto facendola cadere dalla sedia e infieriva sulla donna con pugni e calci salendo le sopra con le ginocchia», provocandole «un ematoma al naso con infrazione delle ossa». Finché, nel 2021, quando lei già aveva cercato protezione in una casa famiglia, «riprendeva a tartassarla di messaggi in cui alle solite minacce, anche di morte, e recriminazioni, alternava insistenti richieste di perdono e di riprendere la loro relazione».

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Il Messaggero