Terni, tempo di sagre. Confartigianato invoca l'intervento delle istituzioni: «No a quelle solo di nome»

Terni, tempo di sagre. Confartigianato invoca l'intervento delle istituzioni: «No a quelle solo di nome»
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Sagre si, sagre no. Un diatriba che ogni anno accende il dibattito su una delle manifestazioni estive più gettonate dal pubblico. Le sagre. Di paese, storiche, sportive, benefiche, centinaia di iniziative disseminate in ogni frazione, località paese. Al di là del genere, quello che ogni volta rimane sul piatto della polemica è la potenziale concorrenza sleale ai ristoratori. In merito è intervenuta Confartigianato. «No alle "sagre solo di nome" - hanno scritto in un comunicato - cioè quelle manifestazioni che nei fatti sono vere e proprie attività commerciali che, sfruttando la forma giuridica dell’associazione, lucrano su trattamenti favorevoli (fiscale, contributivo, sulla sicurezza, ecc.) che dovrebbero essere ad esse preclusi». 

Una posizione netta che però non fa di tutta l'erba un fascio. A salvarsi, le associazioni e realtà che promuovono davvero il territorio e le sue peculiarità. 

«Riteniamo -continuano- che gli organizzatori e i volontari delle sagre storiche e di qualità e gli operatori dei servizi di ristorazione stiano dalla stessa parte e siano tutti danneggiati da una disciplina normativa carente e dalla latitanza del sistema dei controlli».

Un distinguo importante, quello fra sagre che realmente promuovono il territorio e quelle tacciate di lucro, che troverebbe pacificazione nell'applicazione delle norme e in controlli più serrati. 

«Sarebbe facile -chiudono - con pochi approfondimenti capire se ci si trova di fronte a una vera promozione del territorio o a una attività commerciale privata irregolare mascherata. Basta verificare se nella singola “sagra” si promuovono i prodotti tipici o si inventano tradizioni che non esistono; se è prevista o meno la collaborazione con le attività dei servizi di ristorazione del territorio; se ci si rivolge principalmente o essenzialmente a fornitori locali; se viene previsto un budget per investimenti pubblicitari per attrarre flussi dai territori limitrofi e da fuori regione; se in maniera trasparente viene dato resoconto pubblico sull'impiego dei ricavi generati dalla manifestazione».

 

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Il Messaggero