Terni, il "Recovery" ternano e le parole in dialetto sbagliate

La parola sbagliata
Partiamo dal vocabolario: la parola dato che, in inglese, la lettera e, si pronuncia i abbiamo che recovery si pronuncia ricoveri e significa ricupero. Purtroppo, la parola...

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Partiamo dal vocabolario: la parola dato che, in inglese, la lettera e, si pronuncia i abbiamo che recovery si pronuncia ricoveri e significa ricupero. Purtroppo, la parola ricovero determina un'eco negativa in chi ricorda la storia italiana della seconda guerra mondiale: ricovero era l'addolcimento voluto dalle autorità fasciste della parola rifugio, perché essa si abbinava ad antiaereo, cioè rifugio antiaereo come quelli che pullulavano nella nostra città a partire dall'ordine di sfollamento della primavera dell'anno 1943, successivo all'avvicinarsi dei bombardamenti, visto che gli alleati avevano occupato l'aeroporto di Foggia che permetteva l'andata ed il ritorno dei bombardieri statunitensi chiamati Flying Fortresses (Fortezze volanti, in ragione delle loro dimensioni) con obiettivo Terni. I tanti rifugi qui, ed altrove, in tutta Italia erano indicati da una freccia nera dipinta sui muri delle case vicine. A Terni se ne è conservato un esemplare, che può essere visto al piano terreno (qualche metro a destra delle scale d'ingresso) del palazzo degli anni Trenta esistente al civico 8 di via Nazario Sauro. Un brutto ricordo, visto che sotto le bombe alleate sono morti alcune migliaia di ternani.

L'INIZIATIVA E LE PAROLE SBAGLIATE

Sappiamo tutti quale disgrazia sia stata la pandemia Covid per l'economia. Da quella mondiale a quella italiana, fino a quella locale, ternana. Ne è prova la conseguente falcidia abbattutasi sui negozi. Ecco allora il perché dell'aspetto cimiteriale di alcune vie della nostra città, con tutte le serrande abbassate e le luci spente. Per la verità, qualcuno ha tentato di ridurre la malinconia che coglieva i passanti davanti alle vetrine vuote. Dopo il tentato messo in essere con le figure di ternani famosi ne è sorto un altro, basato sui fumetti i cui personaggi usano o, comunque, fanno riferimento al nostro dialetto in modo leggero ma divertente. Si tratta di 21 locandine (21, quante sono le lettere dell'alfabeto italiano, tranne la J e la W) incollate su altrettante vetrine di negozi chiusi. La novità costituita dall'uso pubblicitario del dialetto non mi ha lasciato indifferente, visto che come mi hanno detto le due autrici di Erto, Abbecedario di un certo spessore le parole ed i relativi significati sono stati tratti dal mio Vocabolario del dialetto ternano del 2002, di cui io ora sto facendo la seconda edizione ampliata. Concludo plaudendo all'iniziativa finalizzata a difendere la nostra prima lingua ma devo dire che i termini dialettali usati non sono sempre ortograficamente all'altezza dello scopo. Abbiamo infatti: erto invece di értu, stamadina invece di stamatina, sparaciu invece di spariciu, lasciame invece di lassame, tingolo invece tingulu, ma, soprattutto da segnare con la matita blu quilla invece di quella, quell'andro invece di quill'andru. Arproàmoce, bbardasce mie!
 

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Il Messaggero