Terni, chiama la polizia per poter vedere il figlio che sta nascendo

Terni, chiama la polizia per poter vedere il figlio che sta nascendo
La pandemia continua a tenere fuori i padri dalla sala parto. E' successo qualche giorno fa a Terni, quando un papà si è presentato a fare il tampone molecolare...

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La pandemia continua a tenere fuori i padri dalla sala parto. E' successo qualche giorno fa a Terni, quando un papà si è presentato a fare il tampone molecolare per poter assistere alla nascita del figlio e invece si è visto sbattere la porta in faccia. «A fine dicembre ho accompagnato mia moglie in ospedale -ha raccontato lui stesso- non si sentiva bene e abbiamo richiesto un controllo. Dopo la visita ci siamo informati e accertati sulla procedura necessaria perchè io potessi entrare con lei in sala parto. Io sono munito di green pass, mi è stato detto avrei dovuto fare comunque un tampone molecolare e che con un esito negativo mi sarebbe stato consentito l'accesso».

Tranquillizzata la coppia torna a casa ma durante la notte alla donna si rompono le acque. «Siamo tornati in ospedale -racconta ancora il marito- lei l'hanno ricoverata, e a me è stato detto che avrei dovuto presentarmi la mattina dopo alle 8 al reparto malattie infettive, eseguire il tampone e poi presentarmi in ostetricia». Detto fatto l'uomo segue le istruzioni ma quando si presenta alla porta del reparto la trova sprangata. «Ero allibito- continua- e furioso. Ho chiamato qualsiasi numero, il reparto, il medico di mia moglie, la sala operatoria, non c'è stato niente da fare, tutti mi hanno risposto che non mi sarebbe stato possibile entrare. In nessun modo. L'unica cosa che sono riuscito ad ottenere è stato di far portare il cellulare a mia moglie in modo da poterci almeno parlare». L'uomo torna a casa, in attesa. «E' stato un incubo -continua- anche perchè mia moglie ha subito un cesareo (già programmato ndr) che però inaspettatamente è stato fatto in anestesia generale. Praticamente mio figlio è nato senza che i suoi genitori abbiano potuto vederlo».

Una vicenda che ha avuto i suoi strascichi anche al momento delle dimissioni. «Quella mattina- ricorda l'uomo- mia moglie mi ha chiamato dicendomi che poteva tornare a casa ma che io avrei dovuto aspettarla all'uscita. Il protocollo mi impediva di salire e lei avrebbe dovuto scendere da sola con bagagli, bambino e tutto. Non ci ho visto più. Ho chiamato il 113 e ho raccontato tutta la storia. Dopo circa un'ora e mezza mia moglie mi ha richiamato dicendomi che le regole erano cambiate e che avrei potuto salire. In quel lasso di tempo ho incontrato un altro neo papà nella stessa mia situazione che voleva chiamare i carabinieri ma visto che io mi ero già attivato ha soprasseduto e atteso insieme a me. E' inconcepibile che un evento come la nascita di un figlio si trasformi in un calvario simile. Nemmeno in tempo di pandemia. Anche perchè, oltre al danno la beffa, mia moglie e mio figlio sono tutt'ora in quarantena perchè un membro dell'equipe che li ha seguiti in ospedale è risultato positivo». 

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Il Messaggero