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AMELIA -Otto donne nella battaglia. Lucia, Stefania, Monica, Elisa, Adriana, Virginia, Eleonora, Laura sono le infermiere scese in trincea otto mesi fa per combattere la guerra contro il Covid, ogni giorno come se fosse il primo, ogni giorno sperando che sia l'ultimo.
Dalle 7 alle 19 abitano le stanze del centro emergenza Covid di piazza Vera allestite e trasformate per assolvere alle nuove esigenze operative. «Dal 20 ottobre scorso -spiega Lucia Bussotti, coordinatrice del centro e capo delle infermiere del distretto sanitario Narni Amelia - abbiamo in carico tutto l'iter. Prima eravamo il secondo anello della catena, quello operativo, ma ormai da qualche settimana tutta la procedura la seguiamo noi. Sono le tre T, testare, tracciare, trattare che su un bacino grande come il comprensorio narnese-amerino è un'attività veramente impegnativa».
Vero e proprio centro nevralgico per la gestione della pandemia sul territorio, al centro Covid amerino fanno capo non solo tutti i privati cittadini, ma anche le residenze protette, le residenze servite, i centri diurni, la Comunità Incontro e i servizi di pubblica utilità sia in fase di screening che di assistenza vera e propria.
«Ad oggi sul territorio di nostra competenza abbiamo circa 278 positivi -spiega il direttore del distretto sanitario Narni Amelia Giorgio Sensini- ma eseguiamo circa 250 tamponi al giorno, oltre a tutte le attività di programmazione e monitoraggio, centinaia di persone, senza contare quelle a cui purtroppo materialmente non riusciamo a rispondere».
Quattro postazioni telefoniche, una pila di faldoni e una lista sempre più lunga di chiamate, ricevute e da fare. Sono i contatti emersi dalle indagini epidemiologiche sui positivi al Coronavirus, quelli da sottoporre a tampone, quelli da porre in isolamento fiduciario e i positivi che possono trascorrere la quarantena a casa propria ma vanno comunque monitorati. Centinaia e centinaia di telefonate ogni giorno, per informare, programmare, comunicare, o semplicemente rassicurare. «La primavera scorsa alcune infermiere hanno frequentato un corso di formazione specifico sul Covid -spiega ancora Lucia- e man mano si sono formate le altre. Sono tutte infermiere che ho dovuto stornare dai servizi domiciliari. Questo vuol dire -precisa- non solo che la loro vita professionale, familiare, emotiva è completamente cambiata, ma anche che le loro colleghe rimaste sui vecchi servizi, si sono dovute organizzare per coprire comunque tutti i turni. Per riuscire a tener fuori la testa dall'acqua», al centro sono saltati tutti i turni e orari.
«Si lavora senza tregua -spiega ancora Lucia- queste professioniste rinunciano a riposi e festivi senza che neanche sia richiesto. Si lavora anche nei week end. In particolare la domenica perchè ormai l'esperienza ci ha insegnato che anche un solo giorno di pausa rende il successivo un bagno di sangue. Perciò anche domenica 1 novembre (la festività di tutti i Santi ndr) siamo venute a lavorare, tutte, per metterci avanti il più possibile».
Una mole di lavoro gigantesca, di quelle che mettono paura perchè dietro a quelle liste interminabili di nomi e codici ci sono persone.
Il Messaggero