«Stop ai cantieri e operai licenziati. Tutto questo per colpa della banca»

«Stop ai cantieri e operai licenziati. Tutto questo per colpa della banca»
GUBBIO - Una consulenza tecnica ordinata dal giudice di Perugia, Teresa Giardino, ribalta la situazione economica di un’azienda edile di Gubbio che da debitrice di 140 mila...

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GUBBIO - Una consulenza tecnica ordinata dal giudice di Perugia, Teresa Giardino, ribalta la situazione economica di un’azienda edile di Gubbio che da debitrice di 140 mila euro si ritrova creditrice di 80 mila euro poiché «la banca gli aveva ingiustamente addebitato quasi 215 mila euro di oneri, spese e interessi di commissione non dovuti». E’ quanto riferisce l’avvocato Daniele Fantini esprimendo da una parte «grande soddisfazione» per il primo braccio di ferro vinto in tribunale ma anche «enorme delusione» per l’effetto provocato dalle azioni della banca che avendo messo in moto la segnalazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia e un decreto ingiuntivo «nei fatti ha provocato la cessazione dell’attività nei cantieri e il licenziamento di tutti i dipendenti». In seguito all’istanza di fallimento avanzata da un operaio che non aveva ricevuto i pagamenti in regola degli stipendi l’azienda a fine gennaio rischia il crac definitivo.


Al centro della turbolenta vicenda una società eugubina con una storia importante alle spalle di lavori, appalti e subappalti non soltanto in Umbria. Vittima della crisi economica le commesse iniziano progressivamente a diminuire, sembrano lontani i tempi in cui a bilancio si contavano una quarantina di dipendenti. La banca - è la ricostruzione di Fantini - inizia a bussare con una certa insistenza al portone della società che rafforza i fidi. Siamo nel bel mezzo della parabola discendente perché quei soldi concessi non vengono restituiti dall’azienda che naviga in cattive acque. Nonostante i solleciti di pagamento, della banca, e il forte desiderio, degli imprenditori, di restituire ciò che gli era stato prestato, la situazione non si sblocca e nel 2014 si arriva allo scontro: l’istituto di credito revoca i fidi su due conti correnti, per un totale di 140 mila euro circa, e contestualmente scrive alla Banca d’Italia che trasforma quella segnalazione in una posizione 'a sofferenza', vale a dire la situazione più grave. Con inevitabili ripercussioni per l’azienda sulla quale, ora, lampeggia un alert rosso ben visibile alle altre banche che sanno di non potersi più fidare. In tribunale l’azione di decreto ingiuntivo fa il suo corso e la ditta, attraverso il suo legale, produce contratti, estratti conto, una mole importante di documenti.

Nell’atto di opposizione vengono anche segnalati presunti abusi da parte dell’istituto di credito. Il giudice assegna a un consulente tecnico d’ufficio l’incarico di studiare la posizione e ricalcolare il saldo. «Attraverso la consulenza, terza, non di parte, si è scoperto che la banca ha addebitato ingiustamente 215 mila euro tra oneri, spese di vario genere e commissioni illegittime ai miei clienti, non più debitori di 140 mila come voleva far credere la banca ma creditori di circa 80 mila euro - spiega Fantini -. Va da sé che la segnalazione 'a sofferenza' a Bankitalia è illegittima perché ciò che veniva ritenuto un debito in realtà era un credito». Prosegue il legale: «In questi cinque anni le azioni intraprese dalla banca hanno impedito alla società edile di Gubbio di poter lavorare nei cantieri, anche per via dell’anticipo dei costi, hanno dovuto rinunciare a numerose commesse di lavoro e alla possibilità di sviluppare interessanti progetti che avrebbero certamente potuto rilanciare l’attività».


Secondo il legale l’azione giudiziaria e la segnalazione alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia sono stati episodi «determinanti per la cessazione dell’attività e per il licenziamento dei dipendenti. Purtroppo oggi - prosegue - dopo la crisi che ha mandato in cassa integrazione alcuni lavoratori, non c’è più neanche un dipendente e l’attività dell’azienda è praticamente paralizzata». A gennaio si terrà un’ulteriore udienza durante la quale si discuterà dell’ipotesi di fallimento della società, azione, questa, intrapresa da un dipendente che aveva presentato istanza quando non gli erano stati riconosciuti i pagamenti dovuti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero