Schiacciato da un palo nel campetto vicino casa, dirigenti comunali condannati per la morte di un ragazzino

I carabinieri sul luogo della tragedia avvenuta a Bastia
BASTIA UMBRA - Per la morte di Antonio Perrella, il ragazzino schiacciato da un palo nel campetto vicino casa, sono stati condannati a sei mesi per omicidio colposo il...

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BASTIA UMBRA - Per la morte di Antonio Perrella, il ragazzino schiacciato da un palo nel campetto vicino casa, sono stati condannati a sei mesi per omicidio colposo il responsabile ai lavori pubblici, Vincenzo Tintori, e il capo del servizio impianti e infrastrutture del Comune di Bastia Umbra, Alvaro Gullia, che nel 2015 non avrebbero gestito la manutenzione del palo come dovuto. Fino alla tragedia. Condannati in solido - anche con il Comune di Bastia, citato come responsabile civile - al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 120mila euro per la famiglia di Antonio. Per una tragedia che comunque non restituirà mai alla famiglia il sorriso di un ragazzino.

Antonio, infatti, aveva solo 15 anni. Stava giocando con gli amici nel campo da beach volley poco distante da casa. La sfida, in quella noiosa sera di inizio agosto 2015, era quella di arrampicarsi su un palo delle reti para-palloni del campetto vicino al palazzetto dello sport. Prima l’amico, che ci riesce. Poi lui. Ma il peso e un palo «infracidito» dalla ruggine e dall’usura trovano in quel pezzo di ferro l’assassino di una giovane vita. Il palo si spezza e finisce sulla sua testa: Antonio è morto così, sette anni fa.


Per quella morte era finito a processo anche il manutentore delle aree verdi (difeso dagli avvocati Francesco Blasi e Fernando Mucci), ma per cui lo stesso pubblico ministero Mario Formisano aveva chiesto l'assoluzione. Stessa richiesta avanzata anche per gli altri due imputati dagli avvocati Francesco Falcinelli, Marco Marchetti e Andrea Menichetti, convinti non ci sia stata alcuna colpa «consistita in imperizia, imprudenza e negligenza», come invece ritenuto dalla procura. Il pm Formisano, nella requisitoria, invece aveva sottolineato come quel campo non fosse stato mai oggetto di manutenzione e che non si potesse quindi parlare di caso fortuito e imprevedibile. Una linea accolta dal giudice Alberto Avenoso che ha firmato le due condanne. Contro cui, comunque, le difese sono già pronte a dare battaglia. Pronti a dimostrare l'estraneità dei loro assistiti e, una volta lette le motivazioni della sentenza, a presentare ricorso in appello. «Ci riserviamo di leggere le motivazioni per proporre iniziative difensive correlate», il commento dell'avvocato Falcinelli. Soddisfazione, infine, è stata espressa dai legali della famiglia, parte civile nel processo, Andrea Giugni e Giuseppe Giliberti, da sempre convinti della responsabilità anche del Comune - rigettata invece nel procedimento civile incredibilmente finito prima del penale e intentato dai congiunti, che non hanno quindi ottenuto il risarcimento appena qualche giorno fa - davanti a una tragedia che sconvolse un intero paese. E che ancora non fa trovare pace a genitori e nonni che hanno perso per sempre l'abbraccio di Antonio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero