Perugia, ricatto hard a ragazzina di 13 anni: i genitori vogliono essere risarciti

Perugia, ricatto hard a ragazzina di 13 anni: i genitori vogliono essere risarciti
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«I reati hanno prodotto gravissimo danno, in particolare profondo turbamento con conseguenti ripercussioni fisiche e psicologiche che la tredicenne e i suoi genitori hanno subìto sul piano fisico, psicologico, morale e patrimoniale». È quanto si legge nella memoria dell’avvocato Giuseppe Rosichetti che assiste i familiari della studentessa adolescente della provincia di Perugia che due anni fa sarebbe stata ricattata dopo essere stata ripresa mentre faceva sesso con un ragazzo poco più che maggiorenne. Ieri mattina i due imputati (oggi 21enni) erano presenti in aula: attraverso gli avvocati Fabio Militoni e Cristina Zinci hanno chiesto e ottenuto dal giudice per l’udienza preliminare Natalia Giubilei di essere processati con rito abbreviato. La Procura del capoluogo umbro ha chiesto il rinvio un giudizio per il primo imputato, accusato di avere avuto il rapporto con la minorenne, e di un altro coetaneo accusato di pornografia minorile per avere realizzato il video con un telefono cellulare. Secondo la ricostruzione il giovane accusato dei rapporti con l'adolescente l'avrebbe minacciata di divulgare il video se si fosse rifiutata di avere con lui un rapporto sentimentale o se non avesse assecondato le sue richieste a sfondo sessuale. «La costituzione - è scritto - ha per scopo la collaborazione all'accertamento della verità dei fatti e la richiesta del risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e morali, cagionati e futuri, conseguenti ai fatti reato per cui si procede nei confronti degli imputati, la responsabilità dei quali si rinviene ed è comprovata dagli atti di indagine svolti dal pubblico ministero, in special modo da quelli richiamati nella indicazione delle fonti di prova della richiesta di rinvio a giudizio. Secondo il legale di parte civile la giovane ha «personalmente subìto le condotte delittuose». I genitori - prosegue - devono essere risarciti «per aver saputo assoggetta la loro figlia, poco più che bambina, a gravissime e turpi condotte criminose». «Il procedimento - ricostruisce Rosichetti - trae origine dalla denuncia-querela sporta dalla madre della minore che permetteva l'avvio di indagini, all'esito delle quali trovavano piena prova le gravissime condotte addebitate agli imputati ai danni della figlia minore delle parti, all'epoca dei fatti appena tredicenne». Prosegue l’atto: «La giovanissima, poco più che bambina, riferiva di un vero e proprio stato di soggezione, se non di ‘assoggettamento’» verso uno dei due imputati «che l'aveva costretta, anche mediante coartazione fisica, a compiere atti sessuali analoghi a quelli ripresi nei video filmati realizzati» dal coimputato. «La minore, inoltre, faceva riferimento a minacce ad essa dirette consistite nella prospettazione di diffondere il video in questione sia per convincerla ad incontrarlo che ad avere rapporti sessuali». Sempre la minore riferiva che il primo imputato «facendo ricorso ai ‘citati sistemi’ l'aveva ripetutamente indotta a sottrarre denaro ai genitori per consegnarlo allo stesso». 
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Il Messaggero