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Il Covid fa paura, ma fa più paura quando si è fragili. E quando si è fragili, ogni incertezza produce difficoltà, timore, e ci si sente soli, impotenti, se possibile ancora più fragili. Sono sempre di più le persone, le famiglie, che da tutto l'Orvietano chiedono sostegno alle tante associazioni che si occupano sul territorio di aiuto sociale.
Lo conferma Beatrice Casasole, operatrice sanitaria e consigliera comunale, che ogni giorno ormai da alcuni anni insieme ai tanti volontari di “Diamoci una Mano”, l'associazione che ha creato, cerca di portare conforto e aiuti materiali alle famiglie.
«Prima del Covid la situazione era già preoccupante – dice – molte erano le richieste, per lo più alimentari, che ci arrivavano. Abbiamo così organizzato raccolte alimentari, creato pacchi, aiutato come potevamo, casa per casa, famiglia per famiglia.
La situazione a Orvieto è stata evidenziata in un recente consiglio comunale nel quale Casasole, e prima di lei la consigliera Cristina Croce, hanno chiesto alla sindaca Roberta Tardani «una maggiore presa di coscienza e attenzione verso i ragazzi, soprattutto in questo periodo di grande emergenza».
«Quello che chiediamo noi volontari alle istituzioni è un maggiore sostegno e maggiore presenza verso i nuclei familiari con persone più fragili, e in particolare i giovani. Per questo c'è necessità – dice Casasole – di rafforzare le reti di impegno tra le associazioni ma c'è necessità anche di attenzione massima da parte delle istituzioni, dei comuni, dei servizi sociali».
«Il comune si muove già con gli strumenti propri dell’attività istituzionale che sono i Servizi Sociali – aveva risposto la sindaca - ma comprendiamo che talvolta non si riescono a raggiungere tutte le fragilità. In questo momento stringiamo accordi e ci stiamo avvalendo anche delle associazioni presenti sul territorio per realizzare un maggiore supporto a sostegno delle famiglie e dei soggetti più fragili».
Ma questo pare non basti, o almeno che non basti più: «Occorre fare di più – afferma Casasole – occorre maggiore sensibilità verso le fragilità, soprattutto quelle nascoste cercando di gestirle al meglio come comunità e come rete. Il nostro nemico maggiore è il disagio psicologico – afferma – le famiglie, o le singole persone, che si rivolgono a noi hanno bisogno di certezze, di aiuto concreto, di sapere che ce la possono fare».
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