Sette anni al pusher per la morte di Gianluca e Flavio, il procuratore contro la riforma Orlando: «Non possiamo fare ricorso»

Sette anni al pusher per la morte di Gianluca e Flavio, il procuratore contro la riforma Orlando: «Non possiamo fare ricorso»
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TERNI «Due ragazzi mandati al creatore da un soggetto che aveva esperienza nel settore, che si è rifornito al mercato nero di metadone barattandolo per 15 euro, mi è sembrata una vicenda di una crudeltà inaccettabile». Il procuratore, Alberto Liguori, si commuove durante l’udienza del processo per il decesso di Flavio e Gianluca, i due inseparabili amici quindicenni scivolati dal sonno alla morte dopo aver assunto metadone. Su questa inchiesta Liguori ha speso le energie di magistrato e di uomo. «Nel rispetto che si deve alle sentenze emesse in nome del popolo italiano - dice Liguori - in ossequio al dovere che è imposto al pm, colgo l’occasione per chiarire che la riforma Orlando impedisce al pm di impugnare le sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato quando non c’è corrispondenza tra la pena richiesta e quella applicata dal giudice, come del resto il pubblico ministero non può opporsi al giudizio abbreviato». 


Un percorso normativo, quello previsto per il rito abbreviato, che di fatto impedisce alla procura di appellare le sentenze, percorso invece garantito all’imputato. 
«Come cittadino rilevo che, al netto della rispettabilissima decisione giudiziaria, l’imputato, ai domiciliari in una struttura di recupero, sconterà interamente la pena in regime comunitario in quanto ai 7 anni applicati sarà decurtata una parte abbondante di quella scontata in regime di arresti domiciliari. Quando la sentenza diverrà definitiva residuerà una pena da espiare inferiore ai sei anni, per la quale non è prevista la carcerazione. Ironia della sorte, con elevata probabilità accadrà che l’imputato, dopo aver fruito giustamente della riduzione della pena di un terzo e dopo essersi guadagnato nel corso degli arresti domiciliari in comunità la liberazione anticipata, avrà una pena definitiva che potrà essere trasformata dal tribunale di sorveglianza in affidamento in prova, da libero, al medesimo Serd che lo ha già avuto in gestione dal 2000». 

L’amarezza del procuratore è palpabile: «Oggi il giudice ha scritto con la sua sentenza la verità processuale della vicenda - dice - ma quella storica, facendo io per primo il mea culpa, dovrà essere scritta da noi adulti facendo tesoro di questa drammatica esperienza per far sì che, come già in discussione al Senato, l’affido di metadone domestico ai tossicodipendenti venga rivisto tenendo conto dell’affidabilità mostrata in concreto dall’ utente. A noi adulti - conclude Liguori - spetta il dovere di costruire per le future generazioni una società all’interno della quale ai nostri giovani venga assicurato, come prevede la Costituzione, di vivere in un futuro all’insegna della sicurezza non solo sociale ma anche sanitaria». 

 

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Il Messaggero