Infermiere in prima linea, Carolina: «I rischi sono ancora alti»

Infermiere in prima linea, Carolina: «I rischi sono ancora alti»
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La foto simbolo dell’infermiera stremata, con la testa appoggiata su una scrivania, davanti al computer, scattata da un medico mentre la donna (con mascherina, camice e guanti) cercava di recuperare le forze prima di riprendere il turno, non è solo l’emblema della lotta al Coronavirus, ma dello straordinario lavoro svolto dal personale sanitario. Era marzo 2020, il mese in cui medici e infermieri erano schierati a contrastare una situazione straordinaria. “Da allora poco è cambiato” – spiega Carolina Galeazzi. Classe 1969, infermiera impegnata nell’assistenza domiciliare presso l’Azienda Usl Umbria 2, tenta di raccontare il carico di lavoro di un anno difficile. Ha due figli: il primogenito è studente universitario, il più piccolo è tornato al liceo per le lezioni in presenza da pochissimi giorni. “E’ stato un periodo durissimo soprattutto per lui, ha festeggiato i diciott’anni (a dicembre, ndr) soffiando sulle candeline di fronte ad una telecamera per condividere quel momento con i suoi amici più cari e ha trascorso i cento giorni all’esame, su Zoom, con un panino in mano e una birretta sulla scrivania”.

La preoccupazione di Carolina per i mesi rubati al figlio, si è sommata alla fatica per un lavoro che si stava modificando giorno dopo giorno. “La situazione in assistenza domiciliare è sempre stata critica solo che nell’anno sciagurato della pandemia le criticità sono cambiate. A marzo 2020 ci siamo ritrovate a fronteggiare esigenze nuove con un carico di lavoro ovviamente maggiore rispetto al passato anche se ancora non ci rendevamo conto di cosa stesse realmente accadendo”.

Carolina parla al femminile perché l’80 per cento del personale infermieristico in assistenza domiciliare, nel territorio ternano, è “rosa”. “Ci hanno divise in due quadre, una continuava ad andare a case dei pazienti fragili e l’altra si dedicava ai tamponi prima e alle vaccinazioni poi. Ad un certo punto sono state arruolate, con contratto a tempo determinato, altre giovani colleghe e debbo riconoscere che ho notato in loro una grande dedizione al lavoro. Abbiamo cercato di condividere tutto e c’è stata tanta solidarietà tra di noi”. Le preoccupazioni, nel caso di Carolina, erano da ricondurre principalmente alla situazione di isolamento del figlio in dad. “Anche per altre colleghe con figli era lo stesso, ma siamo andate aventi comunque”.

Con i dispositivi di protezione individuale – aggiunge Carolina - le persone anziane avevano difficoltà a riconoscerci. Ci dicevano che con le mascherine sembravamo tutte uguali. Infatti la mascherina ci copriva quel sorriso che cercavamo di portare a casa delle persone anziane e poi il distanziamento ci impediva di lasciarci andare ad un abbraccio o ad una carezza”. “Questa pandemia ci sta chiedendo di essere sempre più preparate ma noi siamo molto orgogliose del lavoro che svogliamo e di rappresentare un servizio pubblico”. Carolina ha ripreso a studiare per conseguire la laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche, presso l’Università degli Studi di Perugia. “Il giorno della festa dei lavoratori il mio pensiero va alle giovani donne che studiano, si sacrificano e cercano di costruirsi un futuro”.

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Il Messaggero