Il cosiddetto plasma iperimmune, cioè quello ottenuto da pazienti guariti dal Covid-19, che in queste settimane molti centri in Italia stanno utilizzando come...
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Tutte le sperimentazioni in corso attualmente sul territorio nazionale, compresa quella in Umbria, che ha il maggior numero di pazienti seguiti (il via libera dalla Regione), con il plasma iperimmune non prevedono alcuna lavorazione esterna alla rete trasfusionale pubblica delle sacche di plasma donate, analogamente a quanto avviene per tutte le altre donazioni di sangue e emocomponenti. «In Italia la donazione di plasma, che è una risorsa strategica, non viene remunerata – ricorda Giancarlo Maria Liumbruno, direttore generale del Cns – e durante tutti gli step della lavorazione nel nostro Paese la proprietà rimane esclusivamente delle Regioni: quindi in Italia non esiste remunerazione per alcun tipo di donazione e il plasma non viene mai venduto dalle Regioni alle aziende che lo frazionano, cioè che lo separano nei vari componenti che diventano poi dei farmaci (i medicinali plasmaderivati). Da noi si è sempre lavorato perché questa risorsa venga resa disponibile secondo criteri etici e improntati alla solidarietà».
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Il Messaggero