Terapia al plasma anti Covid-19 «Nessun profitto dalle donazioni» Guardia alta anche in Umbria

Francesco Menichetti
Il cosiddetto plasma iperimmune, cioè quello ottenuto da pazienti guariti dal Covid-19, che in queste settimane molti centri in Italia stanno utilizzando come...

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Il cosiddetto plasma iperimmune, cioè quello ottenuto da pazienti guariti dal Covid-19, che in queste settimane molti centri in Italia stanno utilizzando come terapia nell’ambito di sperimentazioni, viene gestito seguendo i princìpi etici fondanti del Sistema sangue nazionale secondo i quali la donazione di sangue è volontaria, periodica, responsabile, anonima e non remunerata. Il sangue umano non è una fonte di profitto e le terapie trasfusionali e i medicinali plasmaderivati prodotti grazie al plasma donato devono essere erogati in maniera equa, imparziale, omogenea e senza alcun costo per i pazienti. Lo ribadiscono, in risposta a quanto apparso in questi giorni sui mezzi d’informazione, il Centro Nazionale Sangue e il Civis, il coordinamento nazionale delle associazioni di volontariato (AVIS, CRI, FIDAS, FRATRES). Puntualizzazione che interessa da vicino l'Umbria, dove è in corso la sperimentazione condotta da Francesco Menichetti (leggi l'intervista), primario di Malattie Infettive all'ospedale di Pisa, uno dei responsabili del protocollo per la sperimentazione della plasmaterapia nel Centro Italia

Tutte le sperimentazioni in corso attualmente sul territorio nazionale, compresa quella in Umbria, che ha il maggior numero di pazienti seguiti (il via libera dalla Regione),  con il plasma iperimmune non prevedono alcuna lavorazione esterna alla rete trasfusionale pubblica delle sacche di plasma donate, analogamente a quanto avviene per tutte le altre donazioni di sangue e emocomponenti. «In Italia la donazione di plasma, che è una risorsa strategica, non viene remunerata – ricorda Giancarlo Maria Liumbruno, direttore generale del Cns – e durante tutti gli step della lavorazione nel nostro Paese la proprietà rimane esclusivamente delle Regioni: quindi in Italia non esiste remunerazione per alcun tipo di donazione e il plasma non viene mai venduto dalle Regioni alle aziende che lo frazionano, cioè che lo separano nei vari componenti che diventano poi dei farmaci (i medicinali plasmaderivati). Da noi si è sempre lavorato perché questa risorsa venga resa disponibile secondo criteri etici e improntati alla solidarietà».

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Il Messaggero