Buoni propositi, l'inutile processo alle intenzioni

Buoni propositi, l'inutile processo alle intenzioni
PERUGIA - Se l'uso disinvolto del potere fosse reato, metà delle amministrazioni umbre sarebbe sotto processo. Eppure,...

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PERUGIA - Se l'uso disinvolto del potere fosse reato, metà delle amministrazioni umbre sarebbe sotto processo.


Eppure, nonostante la faciloneria gestionale non sia prevista dal codice penale, ma solo dal fecondo diario elettorale, in questi anni una parte di sindaci, assessori, funzionari, scrivani e affini è passato per un registro chiamato degli indagati per poi finire davanti al severo giudizio detto processo. Proprio per la mancanza del contendere, numerose inchieste si sono dimostrate utilissime per raccontare la verità (soprattutto sulle nostre pagine) delle regole sistematicamente infrante, ma si trattava di quelle del Monopoli politico e non del codice Rocco. Sono rarissime le condanne (nessuna definitiva) per avere sistemato persone (anche a centinaia) nei vari enti, che fosse Webred o la Comunità montana, o per avere favorito questa o quella pratica, quando manca il conquibus (leggi mazzetta o regalo) all'amministratore spingente.


Certo, basterebbe dire di avere dovuto votare (e far votare) per forza l'amico della spintarella. Ma lo vedete uno appena baciato da un posto di lavoro confessare «me l'ha dato lui» facendo rischiare al benefattore la galera? Non solo. Il voto di scambio (questo sì, reato) non vale in caso di primarie di partito. È vero: nessuno ha ricevuto sconti, con la magistratura impegnata dove avrebbe dovuto giocare un ruolo la morale politica, ma in un tessuto stretto e amicale come quello umbro, sperare di ottenere risultati senza pentiti o gole profonde è complicato. Un procuratore capo sentenziò un giorno: la magistratura deve perseguire i reati e non far partire i treni in orario o mandare avanti gli ospedali. Si chiama Nicola Miriano e dopo la ricostruzione del (dopo) terremoto si distinse per avere sequestrato due camion di documenti senza arrivare (dopo) a un'incriminazione. Non saremo mai abbastanza grati agli investigatori di avere svolto inchieste con il massimo dello scrupolo e di averci permesso di riportare le gesta della politica cialtrona. Ma occorre calibrare processualmente le indagini. Altrimenti chi viene assolto o prosciolto diventa immortale. E ce lo teniamo (giustamente) finché voto non ci separi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero