Perugia, salvataggio di Monteluce: c’è il piano, sì delle banche

Edifici da completare ma già danneggiati a Monteluce
PERUGIA - Quindici giorni. Quindici maledetti giorni per arrivare ad alzare i veli sul progetto di salvataggio e rilancio di Monteluce. Quindici giorni, forse meno, che dovranno...

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PERUGIA - Quindici giorni. Quindici maledetti giorni per arrivare ad alzare i veli sul progetto di salvataggio e rilancio di Monteluce. Quindici giorni, forse meno, che dovranno servire per disinnescare gli ultimi ostacoli e rendere pubblico quello che dalle stanze della politica viene dato praticamente per fatto: il piano di salvataggio del comparto Monteluce.


C’è l’intesa tra Asset management company (Amco, in sigla) che è tra i principali operatori specializzati nella gestione dei crediti deteriorati e le banche che hanno in mano le quote svalutatissime del Comparto. Da palazzo Donini filtra ottimismo. Con le ultime due settimane che diventano la chiave per mettere tutto nero su bianco. Incontri, verifiche, telefonate: la missione impossibile guidata dalla presidente Tesei starebbe per andare in porto. Resta un passaggio chiave. Che ha un valore importante: l’intesa con i creditori. Cioè le imprese locali che hanno lavorato per Monteluce lasciato a meno della metà e che sono rimaste con un pugno di mosche in mano, cioè tre milioni di buco. Il nodo è quanto l’operazione porterà a coprire quel buco. È logico che in gioco c’è anche il futuro: quello di lavorare ancora in quel cantiere che ha bisogno di tutto. Anche di riparare quello che in parte è stato messo in piedi e che è già danneggiato o sfregiato. I bene informati dicono che andare sopra la soglia delle fidejussioni potrebbe essere il passo decisivo per incassare un sì. Ecco perché servono ancora due settimane. Tra edifici per le funzione pubbliche, il compendio privato da far ripartire, quello che sta vicino alla clinica, la stessa casa della salute, si tratta di mettere mano a un progetto a lunga gittata. Certo tutto deve essere in bonis, ma i rumor che arrivano dai palazzi di corso Vannucci fanno guardare con ottimismo all’ultimo miglio per arrivare a chiudere il cerchio del piano. Metà luglio diventa la data chiave, per fine giugno il iano doveva assere, di fatto, pronto, e i tempi sono stati, in massima parte rispettati. Dopo almeno tre anni vissuti ballando sull’orlo del baratro con un Fondo diventato cartastraccia. C’è da salvare una fetta di città che vuol dire la nuova Perugia, con ancora anni di lavori, cioè di investimenti in un momento chiave della ripartenza. Senza dimenticare che salvare il comparto significare trovare una saldatura con i progetti che l’Università ha dall’altra parte della strada, al di là dell’esposizione dell’Ateneo dentro al Comparto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero