Perugia, farmacie e favori: tredici indagati

Perugia, farmacie e favori: tredici indagati
PERUGIA Con il rumore fatto in avvio, l’inchiesta ribattezzata farmacie e favori atterra con fragore sulla conclusione delle indagini e fa crescere nomi, sospetti e ipotesi...

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PERUGIA Con il rumore fatto in avvio, l’inchiesta ribattezzata farmacie e favori atterra con fragore sulla conclusione delle indagini e fa crescere nomi, sospetti e ipotesi di reato.

Perché, dopo più di due anni di indagine, il pm Mario Formisano mette la firma sotto al nome di tredici indagati. E non ci sono solo quelli della prima ora, perché la lista di una delle indagini più pesanti sui mali (presunti) della sanità, si allunga ancora.  
Restano, nelle carte che chiudono l’inchiesta, gli indagati del filone principale: Antonio Perelli, Linda Richieri e Luca Orlandi. Il primo, all’epoca dei fatti, dirigente  del servizio accrediatmento della Direzione regionale Salute della Regione (ora ex) e gran maestro della massoneria (ora ex), gli altri i suoi sottoposti, oltre ai farmacisti Massimo Ceccarelli e Alessandro Rossi con cui avevano costituito quella che per pm e carabinieri del Nas era una società per delinquere, seppure con ruoli diversi, per favorire amici e parenti in regime di palese conflitto d’interessi, di abuso d’ufficio e di truffa. Accuse che negli anni scorsi avevano portato alla perquisizione degli uffici e a ritenerli responsabili di favoritismi e forzature della legge.

Il tiro dell’accusa era stato altissimo all’inizio dell’inchiesta: «Il conflitto d’interessi, è risaputo, è terreno fertile su cui si sviluppano le piante della cattiva gestione della cosa pubblica e della corruzione». E alla fine dell’indagine resta in quota con gli stessi sospetti. I cinque indagati, che hanno sempre difeso la bontà del loro operato e la correttezza delle loro operazioni, trovano un altro compagno di viaggio con l’accusa di associazione per delinquere: un consulente di Padova. Tra gli indagati spunta anche l’ex vice presidente dell’ordine dei farmacisti della provincia di Perugia, Giuseppina Mantucci. Tante le ipotesi di reato su cui si muove il finale dell’inchiesta e tra cui spunterebbe anche la concussione. Accuse, naturalmente, tutte da dimostrare.   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero