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PERUGIA - Chili di droga spacciati in città e il suo hinterland, anche usando un mezzo del Comune: è quello che hanno scoperto i finanzieri del Comando provinciale di Perugia che mercoledì hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip nei confronti di sei persone, di cui quattro destinatarie della custodia cautelare in carcere, una degli arresti domiciliari e una dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
In base a quanto reso noto dal procuratore capo Raffaele Cantone, gli indagati sono di origine italiana (4), albanese (1) e dominicana (1), tutti residenti nel Perugino, con l'indagine partita dopo una segnalazione della polizia locale relativa a sospetti rifornimenti di carburante di un mezzo di proprietà del Comune, utilizzato da un dipendente, assunto con la qualifica di operaio.
I successivi accertamenti - delegati dala procura al Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Perugia - hanno fatto emergere i rapporti del dipendente comunale con un soggetto, proveniente dalla Campania, già detenuto a Capanne e ammesso al lavoro all'esterno che a sua volta era in contatto con altri soggetti, pure ex detenuti e destinatari di misure alternative, dediti allo spaccio di stupefacenti.
«Sono poi emersi gravi elementi indiziari - scrive Cantone - che hanno consentito di presumere che il dipendente comunale, che per lo svolgimento delle proprie mansioni era stato affiancato da uno dei detenuti ammesso al lavoro all'esterno, avrebbe avuto un ruolo nelle attività di approvvigionamento e trasporto dello stupefacente, utilizzando proprio il mezzo che il Comune di Perugia gli aveva affidato per svolgere la sua attività, anche in orari lavorativi.
Per tali compiti sarebbe stato ricompensato "in natura", con la dazione di sostanza stupefacente di cui egli stesso sembra facesse uso».
Il capo di tutta l'operazione, con il compito di gestire l'attività di spaccio, sarebbe stato, però, proprio il detenuto "ammesso al lavoro all'esterno", pluripregiudicato e attualmente dimorante in Umbertide. Secondo i risultati delle indagini, non pare avesse affatto troncato i rapporti con il contesto criminale, «tanto da essere in grado di utilizzare collaudati canali per l'approvvigionamento di hashish e cocaina», sottolinea il procuratore. Tanto che il gip nell'ordinanza spiega come, per lui e gli altri destinatari delle misure, «non vi è stata alcuna rieducazione, né emenda» e come, purtroppo nei loro confronti, «l'opera di rieducazione sociale ha fallito».
Nel corso delle indagini, durate complessivamente appena due mesi, sono state documentate cessioni pari a 1.700 grammi di hashish e 800 grammi di cocaina.
Il Messaggero