PERUGIA - L'accostamento fa venire i brividi. Ma è inutile sfuggirgli: la domanda corre lungo numerose inchieste in cui lo spaccio di droga diventa principe degli affari...
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E il quesito fa così: perché tanti pusher, anglofono appiglio per definire meno brutalmente gli spacciatori, non sono consumatori della loro droga passata attraverso le mani unte del trafficante a quelle spesso innocenti dei consumatori, sempre più giovani e sempre meno preparati a intuirne i pericoli? E perché questi spacciatori puri sono quasi sempre di origine islamica?
Ci sono due motivi per cui si scoprono sempre più spacciatori di origine islamica pronti a non toccare la droga con cui si arricchiscono. Uno lo ricorda l'ultimo rapporto delle Nazioni Unite: i grandi produttori di oppio e marijuana posizionati in paesi a maggioranza islamica non consumano la droga perché considerata (giustamente) dal Corano un intossicante, come tutte le altre sostanze di cui la religione vieta severamente l'uso. Il secondo motivo è più legato all'eversione e lo mostra la più umile realtà perugina ormai laboratorio misuratore del fenomeno dello spaccio e delle sue evoluzioni. E fa così: la volontà di vendere la droga soprattutto agli occidentali, (infedeli per le frange estreme dell'Islam), intanto non è peccato, inoltre può finanziarie altre attività criminali e infiltrazioni terroristiche. Ma lo spaccio dell'eroina e di tutte le altre sostanze pronte a rendere il cliente (sempre più spesso giovanissimo) schiavo del consumo, può trasformarsi a sua volta in una battaglia santa. L'ipotesi arriva dalle ultime intercettazioni degli investigatori perugini tra spacciatori di origine nordafricana in cui il disprezzo verso i consumatori da usare, addomesticare e spremere diventa quasi missione. Un rapporto del 2013 della Direzione Antimafia parlava di consolidati collegamenti tra esponenti del fondamentalismo islamico e il traffico di droga. Ma se finora lo spaccio serviva per prendere i soldi dei ragazzi e usarli per il terrore, ora potrebbe diventare strategia per sfinire la loro vita in una lotta armata dalle siringhe. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero