Perugia, banda della droga: spunta l'agenda con i nomi dei clienti. E c'è chi era sospettato di aver tradito

La droga sequestrata dai carabinieri
Erano pronti a rapire uno dei soci, perché convinti che avesse rubato la droga nascosta nel garage-covo di Madonna Alta. Perché far sparire quindici chili tra...

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Erano pronti a rapire uno dei soci, perché convinti che avesse rubato la droga nascosta nel garage-covo di Madonna Alta. Perché far sparire quindici chili tra hashish e marijuana è non solo uno sgarro ma anche un danno economico clamoroso. «Mi ha fatto perdere un sacco di soldi». Le carte dell’indagine che ha stroncato una banda di cinque ventenni in grado di gestire decine di chili “fumo” per «approvvigionare il mercato locale» assomigliano alla sceneggiatura di una serie tv crime.

C’è la droga nascosta nelle case in cui vivono con mamma e papà. C’è il sospetto che qualcuno del gruppo abbia rubato un prezioso carico per rivenderselo autonomamente. Ci sono i progetti di rapirlo e pestarlo. Ci sono viaggi a Milano per comprare altra droga e il timore che a uno dei due in partenza per il capoluogo lombardo possa succedere «qualcosa di brutto». E c’è un quaderno-agenda da cui spuntano nomi e cifre, oltre a un numero imprecisato di cellulari necessari a gestire una clientela stimabile in centinaia di studenti e ragazzi residenti non solo in città, ma di fatto in tutta la regione. Perché l’outlet messo in piedi dal gruppo di ventenni (tre di fatto nullafacenti, due a loro volta soci di un bar nel comune di Corciano) prevedeva non solo quantitativi importanti (saranno complessivamente 19 i chili di droga sequestrati tra fine febbraio e i primi due giorni di marzo dai carabinieri) ma anche una differenziazione dell’hashish e della marijuana messi in circolo in base alla qualità e dunque anche al prezzo.

LA STRETTA

Nell’ordinanza di convalida dell’arresto e di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip Valerio D’Andria su richiesta della procura della Repubblica, guidata da Raffaele Cantone, emerge come da qualche tempo i carabinieri del reparto operativo di Perugia e i loro colleghi di Ponte San Giovanni fossero sulle tracce del gruppo. E in particolare di due di loro, considerate in sede di indagine le figure apicali, perché negli ambienti dello smercio di droga venivano definiti come «attivi nel traffico di stupefacenti di tipo hashish». Sulla base di questi spunti investigativi, lo scorso 25 febbraio i carabinieri si portano nel garage individuato quale possibile deposito dell’attività del gruppo e in particolar modo dei due soggetti di riferimento, che non a caso sono gli unici ad avere disponibilità delle chiavi del garage e anche conoscenza della presenza dei 15 chili nascosti in un borsone. Droga che i carabinieri ritrovano e sequestrano dopo essere entrati nel garage-covo per mettere sistemi di intercettazione all’interno del locale stesso.

A quel punto l’indagine è a una svolta. Una volta scoperto l’ammanco, scoppia il caos: uno dei due vertici del gruppo è convinto che l’altro sia l’autore del furto, convoca gli altri al garage di Madonna Alta e vengono progettate azioni ritrosie nei confronti del “sospettato”.

LA DROGA IN CASA

A questo punto, inquirenti e investigatori decidono sia arrivato il momento di chiudere il cerchio: all’alba del due marzo ecco i blitz nelle abitazioni dei cinque ragazzi e dei loro genitori. Che vedono, pare per la prima volta, spuntare dal soggiorno, dalla camera da letto e dagli armadi droga pronta allo spaccio. Oltre a migliaia d’euro in inconfondibili tagli da 20, 50 e 100 euro. «Le dimensioni del traffico sono rese evidenti dal quantitativo sequestrato» scrive il giudice nell’ordinanza sottolineando anche però come si tratti di sostanza «esclusivamente di tipo leggero» e come sia evidenziabile un figura preminente rispetto ad altre. In conclusione, in carcere resta uno dei cinque mentre l’altro “vertice” sono stati disposti i domiciliari. Liberati gli altri tre. Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Paccoi, Costanzi e Di Benedetto.

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Il Messaggero