Pecorelli da Medugorje a Montecristo: «Cercavo il tesoro»

Davide Pecorelli esce dalla Procura di Perugia
PERUGIA  Ogni ora che passa nella scomparsa e nel ritorno di Davide Pecorelli sfumano i contorni del giallo, mentre diventano sempre più netti quelli di una storia tra...

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PERUGIA  Ogni ora che passa nella scomparsa e nel ritorno di Davide Pecorelli sfumano i contorni del giallo, mentre diventano sempre più netti quelli di una storia tra il grottesco ed il paradossale. Come il viaggio dalla Bosnia su un bus di fedeli. Dal Grossetano, intanto, rimbalza che la presenza nelle acque dell’isola di Montecristo dell’imprenditore sangiustinese, dato per morto in Albania e riapparso dopo quasi nove mesi, potrebbe non essere stata causale.


Nella perla dell’arcipelago toscano, dov’è vietatissimo attraccare, in particolare nella grotta, quella sì vera, di San Mamiliano, lo scrittore Alexandre Dumas aveva collocato il tesoro nascosto dal conte, prendendo spunto da una leggenda. Quando i carabinieri dell’isola del Giglio sono andati a controllare la camera dell’albergo nella quale era sceso l’ex arbitro, avrebbero recuperato una mappa turistica, reperibile in qualunque ufficio informazioni, dov’erano segnate tre calette. Negli stessi giorni il 45enne altotiberino avrebbe utilizzato per l’immagine WhatsApp il volto dell’attore Gerad Depardieu nel ruolo del conte di Montecristo. Stando alle risultanze investigative dell’Arma, alla reception della struttura ricettiva ed al noleggiatore del natante, Pecorelli, mostrando un documento parzialmente contraffatto, avrebbe fornito un nome falso, Giuseppe Mundo, ed una falsa professione, geologo. Di qui la denuncia, sostituzione di persona. Con il motore in avaria in mezzo al Tirreno, sneakers ai piedi inadatte per un’eventuale escursione sulla terra ferma, è stato recuperato dalla motovedetta dei Forestali del reparto biodiversità di Follonica. E da questi affidato ai colleghi di Piombino. A militari avrebbe mostrato la sua patente vera. La foto segnalazione, su richiesta dell’aggiunto Giuseppe Petrazzini, titolare dell’indagine della Procura della repubblica di Perugia, ha fugato qualsiasi dubbio sull’identità dell’uomo che al momento non risulterebbe indagato. Perciò, come persona informata dei fatti, ieri pomeriggio si è presentato negli uffici di via Fiorenzo di Lorenzo dove ha reso dichiarazioni spontanee. Presente anche il procuratore generale Raffaele Cantone, a verbale ha ammesso di essere andato in Albania per raddrizzare una situazione economica molto difficile e che, fallito il tentativo, ha pensato di simulare la propria morte dentro l’abitacolo della Skoda Fabia noleggiata all’aeroporto di Rinas il 3 gennaio. Il fascicolo verrà adesso trasmesso alla procura di Grosseto, competente per territorio.

Maglietta, giacca sportiva, cappellino da baseball, capelli lunghi e tinti, occhiali scuri, all’uscita ha dispensato brandelli della sua verità, mostrandosi tranquillo. «Non avevo nulla da nascondere, ho commesso dei reati anche in Albania e reati dei quali hanno preso atto sia il dottor Cantone sia il dottor Petrazzini». Ha rivelato di aver trascorso tutto il tempo «in una comunità di preti vicino Medjugorje». Da lì sarebbe poi rientrato in Italia su un pullman di pellegrini. Ha puntualizzato di non aver avuto «nessun contatto con i familiari, hanno saputo al ritorno da Montecristo» ed ha garantito: «Non rifarò l’imprenditore in Italia». L’assicurazione sulla vita? «Ce l’ho da trent’anni». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero