Omicidio Piampiano, Fabbri interrogato dal giudice di Firenze. Mezz'ora per raccontare il dramma del Subasio

Piero Fabbri dopo la scarcerazione
Il confronto con il giudice di Firenze che lo ha fatto uscire dal carcere è durato mezz’ora, quaranta minuti al massimo. Un tempo sufficiente a Piero Fabbri per...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Il confronto con il giudice di Firenze che lo ha fatto uscire dal carcere è durato mezz’ora, quaranta minuti al massimo. Un tempo sufficiente a Piero Fabbri per mettere in ordine alcuni aspetti della ricostruzione dell’omicidio del suo amico Davide Piampiano, 24 anni, ucciso l’11 gennaio sui Monti del Subasio durante una battuta di caccia al cinghiale. Appuntamento alle 15 con il giudice Angelo Antonio Pezzuti, il magistrato che ha riqualificato l’iniziale accusa contestata dalla Procura di Perugia di omicidio volontario con dolo eventuale in delitto colposo. Spiega fuori dal Palazzo di Giustizia l’avvocato Luca Maori: «Davanti al giudice di Firenze il mio cliente ha confermato quanto aveva già dichiarato, fornendo alcune indicazioni ulteriori rispetto all’altra volta e cioè che quando ha sparato non aveva cognizione che potesse essere una persona, in quanto solo pochi minuti prima Davide gli aveva telefonato per dirgli che si trovava con il cane e gli aveva chiesto di andare a cacciare il cinghiale». Il penalista prosegue: «Fabbri è andato su e dal filmato registrato con la GoPro della vittima si sente latrare un cane, però molto lontano rispetto al punto in cui si trovava. Per questo motivo ha pensato che l’animale fosse in compagnia dell’amico, lo credeva lontano e ha fatto fuoco contro l’ombra che pensava fosse quella di un cinghiale».

Secondo il nuovo capo d'accusa Fabbri ha sparato «senza intenzione» e la ferita subita da Piampiano era «di per sé idonea a cagionarne il decesso». Diversa la versione della famiglia, rappresentata dall’avvocato Franco Matarangolo, secondo il quale il 56enne di Assisi non avrebbe dovuto comunque sparare. Il legale intende anche chiedere ulteriori accertamenti.

Per provare a spuntare una condanna più mite la difesa, intranto, valuta la scelta di un rito alternativo che consentirebbe al muratore di ottenere un considerevole sconto della pena. Sono due le strade percorribili dal punto di vista giudiziario per provare a spuntare una condanna più mite: il rito abbreviato oppure il patteggiamento. Con il rito abbreviato l’imputato rinuncia alla fase di dibattimento in cambio dello sconto di 1/3 della pena: Fabbri verrebbe giudicato sulla base delle prove raccolte dal pubblico ministero, perciò il giudice per l’udienza preliminare emetterebbe la sentenza sulla base degli atti acquisiti prima delle conclusioni finali. Se, invece, decidesse di patteggiare, la difesa dovrà accordarsi con la Procura (sempre diminuendo la sanzione fino a 1/3) e la parola passerà al giudice per l’udienza preliminare.

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero