Omicidio in discoteca, il killer tradito dalle scarpre rosse. Caccia ai suoi amici perugini

Omicidio in discoteca, il killer tradito dalle scarpre rosse. Caccia ai suoi amici perugini
PERUGIA - Tradito dalle scarpe rosse con la suola bianca. E da un tatuaggio. Inchiodato dalle telecamere della discoteca “El Angel vip” di Terranuova Bracciolini,...

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PERUGIA - Tradito dalle scarpe rosse con la suola bianca. E da un tatuaggio. Inchiodato dalle telecamere della discoteca “El Angel vip” di Terranuova Bracciolini, provincia di Arezzo, dove in quella maledetta notte tra il 30 settembre e il primo ottobre era in programma il concerto di Bulin47, rapper dominicano da sei milioni di follower su Instagram.

Braulio Pavel Martinez Mesa, 33 anni e residente tra Perugia e Corciano, viene inquadrato dagli occhi elettronici di un’uscita secondaria del locale poco dopo le sette del mattino quando, con un bastone in mano e con le scarpe rosse ai piedi, fa per lasciare la discoteca. Assieme a lui altre due persone, un altro uomo e una donna. Pochi secondi, ma decisivi per i carabinieri di San Giovanni Valdarno e del reparto operativo di Arezzo per focalizzare le indagini su di lui. Su quello che viene considerato al momento l’omicida del connazionale Joel Ramirez Seipio, 38 anni e residente da tantissimi anni a Montevarchi. Perché incrociando la visione di tutte le telecamere con le testimonianze di chi c’era, i militari arrivano a stabilire che la persona che ha lanciato il narghilè di vetro che ha ferito a morte il collo dei Seipio è proprio quell’uomo con le scarpe rosse e quel tatuaggio. 
L’accusa con cui è stato prima prelevato a Perugia e poi portato in carcere ad Arezzo è pesantissima: omicidio volontario. Oltre alla denuncia per rissa, che i carabinieri hanno esteso ad altre persone.
 

LA PROSECUZIONE 
Ed è proprio questa la strada che i carabinieri aretini stanno percorrendo per concludere l’indagine: identificare tutti i partecipanti alla rissa finita nel dramma e collocarli con altrettanta precisione sulla scena del crimine e stabilire dunque i vari livelli di responsabilità. Un’attività tutt’altro che semplice, dal momento che si parla di almeno venticinque persone coinvolte nella zuffa e che non si è trattato di un solo evento ma probabilmente di più focolai distinti. Ci sono delle prime fortissime tensioni all’interno del locale, quando due donne si scontrano per motivi di pochissimo conto (chi dice un bicchiere rovesciato, chi per il posto più vicino alla star caraibica) con la conseguenza di due gruppi che si fronteggiano e si picchiano, per poi iniziare a tirarsi sgabelli e oggetti all’esterno. Tra cui il narghilè di vetro che uccide il 38enne, padre di una ragazzina.


E proprio l’emergere dei due gruppi condurrà con grande probabilità ancora i carabinieri a Perugia: il presunto killer, assistitito dall’avvocato perugino Francesco Areni, si era recato al concerto rap assieme a un gruppo di connazionali tutti residenti tra Perugia e il Trasimeno e che secondo le ricostruzioni hanno poi partecipato alla rissa assieme a lui. Quanti? Non è facile a dirsi, ma visto l’alto numero di partecipanti alla zuffa, il gruppo dei “perugini” potrebbe essere composto almeno da una decina di persone.
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Il Messaggero