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PERUGIA - Ha da poco compiuto 17 anni e quello che evidentemente le sembrava un primo amore da quasi adulta è diventato un incubo. Un amore nato in chat, dove è certo più facile fingere ma anche abbassare i freni inibitori e la vergogna di incontri vis a vis. C'è quello schermo a proteggere e la tastiera per fare i navigati. Ma quello vetro non ha protetto una ragazzina da una violenza sessuale, subita tra ricatti e minacce, anche senza mai essere toccata. Ed è per questo che un (oggi) 23enne di Valfabbrica, assistito dall'avvocato Luca Gentili, è stato condannato con rito abbreviato a sedici mesi di pena.
I fatti risalgono al febbraio 2019 e il pubblico ministero Massimo Casucci li ha messi in fila così: i due giovani si conoscono sui social e lui, all'epoca ventenne, dopo «averla convinta a inviargli sempre tramite chat delle foto in cui si ritraeva nuda, mediante minaccia di pubblicare tali foto e di inviarle, assieme ad altre asseritamente rinvenute sul web, alle forze di polizia, la costringeva a compiere atti sessuali». Atti nel chiuso della sua camera, compiuti da sola, ma di cui poi doveva inviargli «le relative foto e video». E non solo, specifica il capo di imputazione. «Ponendo inoltre in essere atti idonei in maniera inequivoca – si legge - a costringere la ragazza a un incontro per avere rapporti sessuali». Insomma, ricatti e minacce per ottenere un rapporto: è per la legge, seppur di lieve entità, si chiama violenza sessuale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero