Narni: non tutti i dipendenti sono rientrati nella grande fabbrica di elettrodi

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NARNI Qualche ombra c’è. Ed è stata evidenziata ieri mattina in Consiglio Comunale: non tutti gli ex dipendenti della vecchia Sgl Carbon sono rientrati al lavoro, non tutti possono sperare in un riavvio della loro occupazione: una quindicina almeno sono in attesa di colloqui mentre altrettanti sono già entrati. Anche nelle attribuzioni delle competenze gli ex lavoratori protestano in questo sostenuti anche dai sindacati, che aspettano, prima di prendere cappello, che la produzione riparta, che la fabbrica compia i primi passi. Nella sala consiliare c’è stato un incontro anche col Sindaco e i lavoratori non rientrati, sindaco, che ha incontrato a più riprese Luca Stinchelli, l’amministratore delegato della GoSource per avere rassicurazioni. Che ha avuto, peraltro. Ma sindaco e consiglieri poco possono fare per indirizzare eventualmente delle assunzioni in quanto quella della GoSource è una fabbrica privata. “Tutti per Narni”, il gruppo politico che siede in Consiglio Comunale, ha presentato una interrogazione con la quale si chiede se è “certo che le assunzioni abbiano rispettato i principi di trasparenza e competenza, che l’azienda aveva dichiarato? Oppure anche qui, come, troppo spesso si è assistito in tutti questi anni di malgoverno del territorio, si continua   il classico gioco di tutelare di più alcuni rispetto ad altri, senza principi condivisi in un accordo”. Comunque sia i dipendenti in fabbrica sono già nel numero giusto per produrre elettrodi e l’evento ci sarà alla fine del mese di giugno, secondo i cronoprogrammi. D’altra parte ci sono da esperire una serie di ordini che l’ufficio commerciale ha conquistato in giro per il mondo. Tutto sembra andare per il verso giusto pure se qualche inciampo per una attività che deve pulirsi delle scorie della esperienza di Michele Monachino e dei suoi più stretti collaboratori, ci sono. Alla GoSource sono però tutti lanciati a vedere il primo elettrodo, a riprendere quel circuito virtuoso che aveva accompagnato la fabbrica di Narni per oltre un secolo.
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Il Messaggero