NARNI Se potesse bruciare anch’essa, qualcuno lo farebbe di sicuro, come il personaggio che rappresenta, Giordano Bruno, farebbe contente tante persone: la statua narnese...
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La statua, in bronzo, va detto subito, non è bella: “Certo che non lo è - dice Gianni Daniele – ma è anche ricoperta da escrementi di piccioni, stinta nei colori: sarebbe brutto anche il David. E comunque deve ritornare ad essere visibile a continuare a portare il senso ed il segno della libertà”. Ogni sindaco del dopoguerra si è speso per far rimettere a posto la statua che per decenni era finita in un magazzino comunale. Si arrivò ad un certo punto, c’era Stefano Bigaroni a fare il sindaco, a pensare di posizionarla in Piazza XIII giugno, giorno della liberazione di Narni dalla guerra. Successivamente anche Gianni Giombolini, assessore a cultura e lavori pubblici, sostenne con grande fervore quella soluzione. Ma quel piccolissimo tratto di strada è sembrato davvero ostico per la statua ed ora gruppi della maggioranza e della minoranza hanno ripreso in mano la storia controversa. L’unica concessione che ottenne, come un permesso per i detenuti, l’essere apposta nel luogo originario ma solo per tre giorni. Poi nell’oblio, un’offesa appena inferiore al rogo del 1600 in Piazza dei Fiori, a Roma. Tra l’altro sta diventando elemento da romanzo: Paolo Tordi, scrittore, le ha dedicato una novella nella sua ultima opera “La Quartina di Stevenson”, segno che l’immaginario collettivo del grande busto sta, man mano, assumendo altri significati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero