PERUGIA - Una catenella, fissata al muro per reggere una mensola con un portagrucce, può sostenere per ore il corpo di un trentenne sportivo e in salute? Chi era la ragazza...
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Oltre a un perché senza risposta, sono queste le domande che da quasi due settimane angosciano la famiglia di Alessandro, 30 anni, trovato cadavere nella stanza di un albergo nella zona di corso Cavour: suicidio, hanno detto polizia, procura e medico legale, ma i genitori e gli amici non sono affatto convinti. Lo hanno detto subito: investigate, non può essere andata così. E in effetti, dopo una prima evidenza che aveva fatto lavorare gli inquirenti sull'ipotesi suicidio, i familiari – assistiti dagli avvocati David Giuseppe Apolloni, Eleonora Magnanini e Simona Batori – possono contare sull'umanità e la professionalità degli investigatori che stanno decidendo di ascoltare i loro dubbi, per valutare tutte le possibilità. Perché se è vero che nella vita è tutto possibile e cosa possa passare nella testa di una persona è davvero imponderabile, che Alessandro – giovane, bello, con un lavoro sicuro, un certo fascino sulle donne e tanti amici e passioni – abbia preso una camera d'albergo, portandosi dietro il suo amatissimo cucciolo per suicidarsi con il suo guinzaglio – attaccandolo appunto a un armadio a vista sospeso - è quanto meno singolare. Impossibile, per chi lo conosceva. Assurdo, per chi lo ha visto solo poche ore prima del presunto orario della morte e si è sentito raccontare i programmi di una serata in compagnia. In compagnia di una ragazza, appunto, che la famiglia chiede al pm Tullio Cicoria di ascoltare. Potrebbe essere stata lei l'ultima a vederlo vivo? Cosa è successo più tardi? E se l'autopsia parla di un orario della morte intorno alle prime ore del mattino del 15 luglio, perché il WhatsApp di Alessandro era attivo prima dell'alba? Di certo, sul suo corpo non c'erano segni di violenza, ma nella stanza sono state trovate bottiglie di birra vuote e soprattutto indumenti intimi che non appartenevano a lui. Ci sono testimoni che raccontano di un papà geloso, mentre è molto meno chiaro se la porta – descritta come chiusa dall'interno – possa essere stata aperta prima dell'arrivo della polizia, con il cadavere scoperto affacciandosi con una scala dalla finestra spalancata.
Tutti dubbi che i legali della famiglia hanno messo nero su bianco in una memoria presentata in procura. Per arrivare a conoscere la verità sulla morte di Alessandro. Qualunque essa sia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero