«Eravamo a Milano alla Fashion Week io e mia moglie, quando è stato annunciato il primo caso di Coronavirus. Era il 22 febbraio e dovevamo esporre al White Show, ma...
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«La produzione si sarebbe fermata, in questo modo i miei collaboratori, restando a casa non avrebbero corso inutili rischi». Da allora non li fa rientrare. Da solo, nell'azienda di via Giovanni Pascoli, converte una delle sue macchine con un software per la realizzazione di mascherine di maglia, e si mette a produrle. Le dona alla Croce Rossa di Roma e di Terni, alla guardia medica di Montecchio, agli spedizionieri, e a tutti quegli operatori di commercio che ne erano sprovvisti.
«Tutto dopo aver comunicato al Prefetto di Terni che avrei iniziato la produzione di mascherine di maglia» afferma Giuseppe Martini. I colori dei filati di polipropilene antibatterico usati sono il bianco, il rosa e il celeste: un doppio strato tubolare con una fessura, all'interno della quale viene inserito un filtro in tessuto non tessuto, per cui la mascherina diventa lavabile e riutilizzabile. Il protrarsi dell'emergenza sanitaria e delle relative misure restrittive, gli suggerisce di progettare una vera e propria collezione di mascherine, destinate questa volta alla vendita. Nasce quella tricolore, che dà il senso di appartenenza alla nazione. Poi seguirà quella con la scritta Io resto a casa e molte altre.
«Intendiamoci precisa Martini - la nostra azienda produce capi d'alta moda e non si mette certo a fare business attorno alle mascherine, ma visto che diventeranno un accessorio a tutti gli effetti, è bene che se ne trovino anche di diverse tipologie, per colori e qualità». Per Giuseppe nei prossimi mesi si guarderà alla mascherina prima che a tutto il resto. Ci si abituerà a questa protezione come ci si è abituati ad indossare una cintura o un foulard. Allora perché non farne qualcuna in seta o in cashmere? «Il costo sarà quello di produzione, anche se considerato che la macchina impiega venti minuti per lavorarne una sola, non sarà pari a quella chirurgica, ma comunque abbordabile». Senza ricarichi, insomma. «Per noi si tratta solo di affrontare un momento inedito andando incontro alle esigenze della gente, senza approfittarne, nell'attesa che si torni a lavorare agli ordini in scadenza». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero