PERUGIA - Il passato ci voleva un popolo di santi, poeti e navigatori. Il presente parla piuttosto di “salinatori”, maestri della salina, della giornata di scuola...
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Capita così che ragazzini di sana e robusta costituzione, tutti cervello e ormoni, la mattina raccontino ai genitori le novità delle norme anti coronavirus: «Lo sai ma' che se starnutisco o tossisco in classe, mi mandano in aula Covid e poi a casa?». Commenti tra un tintinnar di tazzone di latte e discorso finito, ci si vede a pranzo.
E invece no. Perché due ore dopo chiamano da scuola con giusta apprensione: «Suo figlio tossisce, non è il caso resti qui». Un flash e la mamma è indecisa se lanciarsi in una sfuriata nucleare o ridere del genio monicelliano di un sedicenne. Perché che sia stato teatro è chiaro e palese, il delitto perfetto rovinato dall'aver ragionato a voce alta a colazione della premeditazione: sono intelligenti, ma hanno sempre solo 16 anni. A casa, ovviamente, il pizzico alla gola passa, ma i cinque giorni di smartschooling non li leva neanche il preside (che anzi li ha imposti).
Niente a che vedere con le fughe di altre generazioni, a nascondersi dietro i cassonetti aspettando passasse la prof di italiano - che era sempre l'ultima, mannaggia a lei - per poi fare maratone di cinque ore alla Florida per giocare ad Arkanoid. Almeno adesso i Giamburrasca fanno salina per restare a casa: si imbottiscono di Netflix sì, ma mamma e papà sono più tranquilli a non immaginarli in giro per evitare l'interrogazione di storia. E visto che son tanto bravi a salare, magari possono pure calare la pasta. E pulire la stanza. E fare una lavatrice. Che quasi quasi era meglio andare a scuola. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero