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TERNI «Il 2021 deve essere l’anno della rinascita». Claudio Cipolla, segretario generale della Cgil spiega che «il 2020 ha messo in evidenza i limiti di un modello di società che va ripensato al più presto». «Bisogna correre per evitare che il numero dei disoccupati aumenti allo scadere del blocco dei licenziamenti (31 marzo, ndr)». I dati Ires presentati ieri mattina dal presidente dell’istituto di ricerche economiche del sindacato umbro Fabrizio Fratini, dipingono un 2020 nero non solo per l’enorme perdita in termini di vite umane, ma anche sul piano economico e sociale. Nella provincia di Terni sono stati 6mila i posti di lavoro in meno nonostante il blocco dei licenziamenti (contratti non rinnovati o in scadenza), che potrebbero diventare 16mila già ad aprile. «Lo sblocco dei licenziamenti rischia infatti di infliggere un nuovo durissimo colpo al mondo del lavoro, considerate le vertenze aperte sul territorio, con un ulteriore calo di occupati» – dichiara Fratini. “Solo nel primo trimestre sono uscite dal mercato del lavoro 3.500 persone e 320 imprese hanno cessato l’attività. L’anno sciagurato della pandemia non si è caratterizzato soltanto per l’enorme perdita di occupati, ma anche per un significativo incremento degli inattivi, persone che sono fuori dal mercato del lavoro perché non cercano un nuovo impiego. A tutto questo va aggiunto il quadro della cassa integrazione: quasi 11mila le domande accolte dall’Inps per la provincia di Terni al 31 ottobre 2020”. Anche le previsioni macroeconomiche sono tutt’altro che incoraggianti: «La perdita di valore aggiunto complessiva per l’Umbria del sud dal 2008 ad oggi - segnala Fratini - potrebbe superare i 20 punti percentuali. Gravissime le ripercussioni anche sul piano sociale, con un reddito medio pro capite ulteriormente ridotto ed un tasso di famiglie sotto la soglia di povertà che per la prima volta sfiora il 16%». In questo contesto drammatico a pagare lo scotto più alto restano le donne: «Si è assistito all’abbandono della ricerca di un posto di lavoro da parte delle donne perché si sono trovate costrette a sopperire alle carenze da parte del welfare»– spiega Fratini. Colpita anche la popolazione in età avanzata: il 25 % dei pensionati percepisce meno di mille euro al mese. «I soli dati in aumento sono quelli riguardanti le pratiche svolte dai nostri sindacalisti della tutela individuale – interviene Cipolla – che nel corso del 2020 sono state 46mila. L’anno si chiude con 3mila nuovi iscritti ed un totale di 24mila tesserati. Questo è il frutto di un’azione di contrattazione che non si è mai fermata, anche se il difficile viene adesso - aggiunge Cipolla - perché in vista della scadenza dello sblocco dei licenziamenti, bisogna passare da una fase di pura difesa del lavoro ad una di costruzione di nuove prospettive e progetti, che vadano a sanare le ingiustizie sociali che le diverse crisi hanno amplificato».
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Il Messaggero