Terni, lavoro; il dramma dei giovani Disoccupazione al 47 per cento

Terni, lavoro; il dramma dei giovani Disoccupazione al 47 per cento
A più di dieci anni di distanza dalla crisi economica del 2008...

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A più di dieci anni di distanza dalla crisi economica del 2008 la situazione dell'Umbria meridionale continua a essere pesante, anche e soprattutto sul fronte del lavoro. Alle ferite inferte dalla crisi e non ancora rimarginate si sovrappongono vecchi e nuovi caratteri strutturali del mercato del lavoro. I dati dell'Istat sono illuminanti se guardiamo alla situazione degli ultimi anni e la confrontiamola con quella di dieci anni prima. Nella media degli ultimi cinque anni disponibili (2014-18) il tasso di occupazione nella provincia di Terni è tornato allo stesso livello medio del quinquennio precedente la crisi (2004-08), pari al 59%. Un risultato di per sé positivo ma per diversi motivi illusorio. Innanzitutto è una percentuale ancora bassa, inferiore di cinque punti rispetto a quella della provincia di Perugia. Inoltre, se si guarda alla disoccupazione, la realtà appare ben diversa. Il tasso di disoccupazione, infatti, nella media degli ultimi cinque anni è stato il doppio di quello pre-crisi: se nel periodo prima del 2008 era pari al 5,1%, nel periodo più recente è stato mediamente il 10,9% (10% in provincia di Perugia). Nel 2018 erano novemila, secondo le stime di Istat, le persone attivamente in cerca di lavoro in provincia di Terni. Erano quattromila nel 2008. Ma la realtà risulta ancora più drammatica se si guarda a come la disoccupazione si distribuisce tra le diverse componenti della popolazione. Il tasso di disoccupazione dei giovani (di età tra i 15 e i 24 anni) nella media del periodo 2014-18 ha sfiorato il 47% (quarantasette!) a Terni, il livello peggiore tra tutte le province limitrofe (è al 32% in quella di Perugia). E il tasso di disoccupazione femminile è al 13,4%. Al contrario, il tasso di disoccupazione maschile è poco sotto il 9%, un livello certamente alto ma comunque inferiore a quello della provincia di Perugia e migliore anche di quello di Rieti e Viterbo. Il risultato è che nella provincia di Terni un giovane ha un rischio di rimanere senza lavoro che è oltre quattro volte più grande di quello dell'insieme della forza lavoro. Una penalizzazione maggiore di quella, già molto alta, che soffrono i giovani della provincia di Perugia dove il tasso di disoccupazione giovanile è solo (!) tre volte quello generale. Anche il divario tra donne e uomini è particolarmente alto: una donna soffre un rischio di rimanere disoccupata che è in media una volta e mezza quello di un uomo. Decisamente peggio rispetto a quanto riscontrato in provincia di Perugia (dove il rapporto è pari a 1,2) ma anche in quelle di Rieti e Viterbo, le due province con il mercato del lavoro più debole tra tutte le province circostanti. Quindi, non solo negli ultimi dieci anni la disoccupazione è aumentata bruscamente in provincia di Terni ma essa si presenta qui più concentrata che altrove sui giovani e sulle donne. Per quanto riguarda i giovani questa situazione deriva dal fatto che le opportunità di lavoro che il sistema economico locale offre sono poche e non qualificate. La conseguenza è che sempre più giovani preferiscono indirizzarsi verso i licei che, rispetto agli altri percorsi, forniscono una base formativa più ampia, meglio spendibile in successivi percorsi universitari. Una laurea, infatti, procura più opportunità e, soprattutto, consente di cercare lavoro anche lontano da casa, in mercati del lavoro meno penalizzanti di quello ternano. Il discorso è probabilmente diverso per alcune realtà specifiche come l'Istituto Tecnico Tecnologico, ma la fortuna di questi percorsi dipenderà dalla disponibilità delle imprese locali a collaborare con le scuole e dalla loro effettiva capacità di valorizzare i giovani che ne escono. Per quanto riguarda la penalizzazione della componente femminile, invece, la situazione della provincia di Terni risente certamente della presenza di settori a forte prevalenza di occupazione maschile. Ma a questo si aggiunge con ogni probabilità una accentuata difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia, dovuta alla carenza di servizi e di flessibilità. Da questo deriva ovviamente una spinta aggiuntiva al processo di denatalità. In chiave regionale, questi dati mostrano, se mai ve ne fosse bisogno, che continua a persistere una frattura profonda tra le province umbre anche rispetto al lavoro. Una frattura i cui costi economici e sociali sono drammaticamente a carico di giovani e donne.

Professore di Economia
La Sapienza Università Roma Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero