Paura per la peste suina, ma niente proroga per la caccia al cinghiale

Paura per la peste suina, ma niente proroga per la caccia al cinghiale
PERUGIA Niente proroga per la caccia al cinghiale attraverso le squadre che si muovono in battuta, come avevano proposto anche nei giorni scorsi alcune associazioni venatorie. Non...

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PERUGIA Niente proroga per la caccia al cinghiale attraverso le squadre che si muovono in battuta, come avevano proposto anche nei giorni scorsi alcune associazioni venatorie. Non è consentito dalle norme e secondo alcuni pareri tecnici - ad esempio l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) - potrebbe essere pericoloso. Resta solo l'autorizzazione alla cosiddetta caccia di selezione e alle attività di controllo e contenimento.


L'agricoltura, anche in Umbria, si ritrova con il fiato sospeso per il rischio della diffusione della peste suina africana, che viene trasmessa anche dai cinghiali e che rischierebbe di compromettere tanti allevamenti. «In Umbria non sono stati segnalati casi di Psa e la caccia in battuta non potrà essere prorogata poiché non è consentito dalla normativa e potrebbe, anzi, accrescere i rischi di propagazione», spiega l'assessore Roberto Morroni.
L'attività venatoria per il cinghiale è consentita per tre mesi, nel caso dell'Umbria in questa stagione dal 3 ottobre al 2 gennaio. La proposta della proroga dell'attività venatoria è stata sollecitata da più parti, nei giorni anche dal consigliere regionale della Lega Manuela Puletti, ribadita dopo l'audizione nella seconda commissione di Palazzo Cesaroni del direttore dell'Istituto zooprofilattico di Umbria e Marche Vincenzo Caputo. Tanto per avere qualche dato sulla questione: nel territorio della sola Atc2 (l'area del folignate e del comprensorio spoletino) sono stati abbattuti in tre mesi oltre 6500 cinghiali con 39 cacciate.
Rispetto alla peste suina, però, il rischio potrebbe arrivare dal fatto che la caccia in battuta porta i cinghiali a spostarsi e quindi alla possibilità di diffondere il contagio di peste suina su un territorio più vasto. «Per fronteggiare questa malattia - rimarca l'assessore - certamente la gestione del cinghiale è uno dei nodi cruciali da affrontare. Il prelievo venatorio costituisce lo strumento più diretto ed efficace, ma va coniugato con i criteri di gestione e di controllo della propagazione della malattia».

Fatto sta che il rischio di diffusione della peste suina è solo l'ultimo in ordine di tempo dei problemi collegati all'eccessiva presenza di cinghiali - se ne stimano 70mila in Umbria - a ribadirlo sono anche in questi giorni le associazioni di categoria degli agricoltori, che hanno incontrato proprio Morroni. «Questo è un problema enorme, che noi ricordiamo da anni - spiega il presidente regionale di Coldiretti, Albano Agabiti - il numero di cinghiali presenti sul territorio va ridotto drasticamente: producono tantissimi danni alle colture e al sottobosco. Faccio solo un esempio per rendere l'idea: l'eccessiva presenza di cinghiali ha reso ormai quasi impossibile la raccolta libera di tartufi nei nostri boschi. Oggi la diffusione della peste suina potrebbe mettere in ginocchio un settore importante di eccellenza per la nostra regione, quale è quello della suinicoltura, ma il problema sta a monte». Da qui la necessità, messa nero su bianco in una lettera consegnata all'assessore Morroni, in cui si chiede di snellire le procedure burocratiche necessarie a consentire agli agricoltori di catturare i cinghiali. «E poi serve una filiera tracciata della selvaggina - rimarca Agabiti - anche questo abbiamo chiesto alla Regione, ci è stato promesso che entro pochi giorni sarà redatta una bozza di regolamento. Sarà fondamentale». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero