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Si profilano tempi lunghi per la Fontana di piazza Tacito, costretta dalla ruggine a uno stop dopo appena un anno e mezzo da un travagliato restauro costato circa due milioni di euro. Ed è caccia ai responsabili. «Assumeremo ogni iniziativa per individuare le responsabilità della situazione in cui versa la fontana» ha detto il vicesindaco Riccardo Corridore chiamando in causa il Tribunale. L’attuale amministrazione comunale, infatti, viste le «molte versioni discordanti, ma non avendo riscontri nell’immediato e soprattutto soluzioni» ha chiesto «un accertamento tecnico preventivo in Tribunale».
Non è la prima volta che la fontana subisce uno stop. Già a maggio del 2022 era stato necessario chiudere il manufatto sui cui mosaici si era posata una patina. L’allora amministrazione comunale spiegò il fenomeno come l’effetto di agenti atmosferici. Furono ripuliti catino e castello e studiati i depositi sui mosaici.
«Dal rapporto di prova analitico è stato possibile appurare che il materiale depositato risulta essere essenzialmente formato da carbonato di calcio (calcare) – aveva spiegato l’allora assessora Benedetta Salvati - Si tratta dunque di un fenomeno riconducibile alla esposizione della fontana agli agenti atmosferici esterni, come la pioggia che nel momento in cui precipita entra inevitabilmente nel circuito, oltre che dalle polveri di sollevamento dovute al forte carico di traffico tipico della piazza stessa».
Nel frattempo, però, erano state depositate in consiglio quattro interrogazioni, tre del Pd e una del Movimento cinque stelle. Oggi il consigliere dem, Francesco Filipponi ricorda di aver fatto «degli accessi agli atti e degli atti veri e propri per avere dettagli sul funzionamento e sui collaudi, considerando i quasi 2 milioni spesi e le tante risorse tolte ai quartieri e alla sicurezza stradale per terminare l'opera. Scoprimmo – dice il consigliere - che la fontana fu inaugurata senza collaudo alle pompe, e che probabilmente fu usata acqua non congrua per il contatto con i materiali usati. Il danneggiamento visibile in queste ore del cosiddetto castello è purtroppo quello che segnalavamo negli interventi successivi».
Interventi nei quali si ipotizza la presenza di ruggine. Oggi, tolta l’acqua, sono visibili le scolature marroni che escono dal castello, così come la patina di uguale colore sulle colonne del catino all’altezza del livello dell’acqua. Sotto accusa finisce il castello, donato da uno sponsor privato in sostituzione dell’originario, che sarebbe stato realizzato in ferro senza zincatura la quale lo avrebbe protetto dal contatto diretto con l’acqua. Il bordo del castello, inoltre, presenta evidenti fenomeni di “spellatura” della patina superficiale lungo la sua circonferenza.
«Visto anche l'investimento della fondazione Carit (ha finanziato il restauro per 900mila euro ndr) occorre capire - conclude Filipponi - se ci sia stata imperizia, noi proseguiremo come gruppo consiliare nel chiedere trasparenza e lavoreremo affinché questo simbolo di Terni possa tornare ad essere fruibile in sicurezza».
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