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TERNI - Nel weekend d’amore di UmbriaLibri, «in seconda giornata» - come si dice in ambiente sanitario, «va a capire come funziona il cervello quado perdi la testa per qualcuno». Alla fine (della mattina di sabato 11 febbraio) era chiaro a tutti i presenti: donne, soprattutto mamme, psicologi, psichiatri, insegnanti. Un pubblico fatto di professionisti che si conoscevano e si riconoscevano: «Di quale Usl sei? A quale corso eri?». D’altro canto l’invito di Angelo Mellone, direttore artistico di UmbriaLibri, scrittore, giornalista e molto altro, non era certo declinabile: non capita tutti i giorni di incontrare la superpsichiatra Donatella Marazziti a Terni. In Bct per raccontare “Il cervello innamorato”, ha spiegato come avviene quella rivoluzione “interiore”, interna cioè: «Aumenta la dopamina, il corpo cambia, i comportamenti si modificano». «Il viso si illumina» - individuano spesso le nonne. Ecco. L’amore è scienza. La dopamina è alla base della gioia, dell’aumento di energia, del desiderio di unione psichica e sessuale con l’altro e, in generale, del piacere legato alla relazione. «Queste alterazioni di neurotrasmettitori importanti quali la serotonina e la dopamina potrebbero però anche spiegare come talvolta la relazione affettiva possa trasformarsi in una fase di vita rischiosa per alcuni individui più fragili – afferma l’esperta - al punto da scatenare vere e proprie patologie psichiatriche o disturbi comportamentali quali lo stalking e l’aggressività auto e eterodiretta». Una forma transitoria di follia. «Quando ci innamoriamo siamo su di giri». Spesso alternando momenti di euforia a fasi di sconforto. «Siamo sulle nuvole». Già vent’anni fa la Marazziti aveva dimostrato che esiste una modificazione biologica negli innamorati e che spesso questi si ammalano d’amore. Soffrono. «Anime geneticamente sensibili». I tempi dell’innamoramento, le trasformazioni, i legami, il contesto sociale e familiare: una descrizione scientifica sorprendente. Fino alla degenerazione. Alla dipendenza. All’ossessione. All’amore «che fa male». Ma a quel punto Mellone ha passato la parola alla criminologa Flaminia Bolzan: altro approccio, diverso il pubblico.
Il Messaggero