In perenne ritardo rispetto al buon senso e l’umiltà dei tempi, Umbria Jazz si ritrova con il cappello in mano e l’animo in subbuglio per un motivetto preciso. Interamente...
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Soprattutto la predisposizione naturale alla conservazione, fino a foderare occhi e orecchie per non vedere la fine dei finanziamenti pubblici e non sentire l’inesorabile scorrere del tempo. Così Uj, la signora precocemente attempata per mancanza di cure, ora è alla rincorsa di un viatico oleario per muovere gli ingranaggi delle sue finanze. Un equilibrio delicatissimo, messo in discussione sia dal cambio di casacca del socio Comune di Perugia, molto più tiepido per gioventù (non acquisita) rispetto a mamma Regione, alla quasi scomparsa delle Province (altro socio) quanto dal mutare delle esigenze degli sponsor privati sempre più orientati a cartelloni vivaci e non solo nel ritmo. Per avere programmi in linea con i tempi, con il botteghino e lo sbigliettamento (pratica troppo spesso dimenticata) non solo bisogna partire presto, ma cambiare la mentalità della ruggine e diventare più lucida impresa. Vietato permettersi uno squilibrio fuori bilancio di 46 mila euro in tre anni o pagare il palco del Santa Giuliana 50mila al giorno per concerti buoni a recuperare neanche un terzo della spesa. E avere qualche idea. Certo, riesumare Miles Davis per un concerto immortale e magari avere tra il pubblico D’Annunzio servirebbe, ma pare complicato. Il problema è il paradosso di risposte attinte ancora dal passato. Sarebbe come pretendere di far salire gli ascolti suonando la tromba delle scale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero