Incidente in carcere, operato dopo un anno e mezzo: detenuto fa causa a ministero e Asl Umbria

Il carcere di Capanne
PERUGIA - Due incidenti sul lavoro, un'assistenza sanitaria quanto meno altalenante e ora difficoltà pure a muoversi per colpe delle cure tardive. Una situazione...

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PERUGIA - Due incidenti sul lavoro, un'assistenza sanitaria quanto meno altalenante e ora difficoltà pure a muoversi per colpe delle cure tardive. Una situazione che metterebbe in crisi chiunque ma che diventa doppiamente invalidante se gli incidenti sono avvenuti in carcere e il paziente è un detenuto che in tre anni si è scontrato contro un sistema che – nonostante gli sforzi – appare inadeguato. Ed è proprio a questo sistema che adesso chiede conto un ex imprenditore, a Capanne dal 2018 per reati contro il patrimonio: ha citato il ministero della Giustizia e l'Azienda sanitaria Umbria 1 chiedendo il risarcimento per il danno provocato dalle «omissioni» subite nel suo percorso di cura.

L'uomo, oggi 47enne, nell'atto di citazione davanti al tribunale civile di Perugia firmato dall'avvocato Laura Filippucci, racconta i problemi nati dal maggio 2020 dopo alcuni incidenti avvenuti svolgendo la propria mansione, come detenuto, in un'azienda agricola. Prima una frattura al polso e poi un infortunio al piede mentre «svolgeva attività di manutenzione dei mezzi dell'amministrazione penitenziaria all'interno del carcere». Nel primo caso, nonostante il «continuo dolore» è stato sottoposto a «nuova visita radiologica solo due anni dopo», nel 2022. Nel secondo, all'inizio per quel piede gli viene prescritto solo un antidolorifico. Dopo quasi due settimane ottiene una visita ortopedica che rileva una «lacerazione quasi completa del tendine» e tra intervento e ingessatura si sceglie il gesso. Che però dopo un mese e mezzo va tolto per gonfiori e dolore e il 47enne viene inserito in lista d'attesa per un'operazione. L'infortunio è di maggio e a fine ottobre (ancora del 2020) nuova visita di controllo che poi, a novembre, parla di «tessuto cicatriziale in fase di organizzazione» e il medico prescrive l'intervento. Passano altri mesi, adesso è agosto 2021, la risonanza magnetica rileva un ispessimento del tendine e solo a novembre – un anno e mezzo dopo l'incidente – l'uomo viene finalmente operato. Un'attesa che, secondo l'avvocato Filippucci, ha inficiato «sia la sua salute fisica che quella psicologica», tanto da chiedere 400mila euro di danni a ministero e Asl. Per quelle definite come «rilevanti negligenze sia del personale medico che del personale del carcere che hanno, con le proprie continue omissioni, determinato un grave ed irreparabile danno». L'avvocato infatti ricorda come il suo assistito «ha solo una residua mobilità al piede sinistro, non riesce a sollevarsi e non ha ripreso la propria funzionalità. Se l’intervento medico fosse intervenuto nell’immediato tale condizione non si sarebbe verificata». Da qui, la richiesta di risarcimento avanzata lo scorso anno, con la prima udienza fissata – a proposito di tempistiche – a novembre 2023.

IL GARANTE


In attesa della decisione, la storia dell'ex imprenditore si unisce al caso di un altro detenuto operato alla colonna vertebrale e trasferito a Spoleto per sottoporsi a «solo tre sedute di fisioterapia», denuncia Filippucci. E che insieme ai racconti di pazienti oncologici in difficoltà per ottenere le adeguate cure, fanno intervenire anche il garante dei detenuti Giuseppe Caforio. Che non entra nel merito della storia del 47enne ma spiega: «Un dato è certo, le strutture sanitarie delle carceri umbre sono inadeguate, con una difficoltà enorme di rispondere alla domanda di sanità, a partire dall'esiguità di risorse umane, a fronte di circa 1500 detenuti». «C'è carenza di sanitari e quando si trovano il turn over è altissimo: è un lavoro di particolare stress – sottolinea al Messaggero -, la strumentazione non è idonea e ciò comporta che i detenuti devono essere assistiti all'esterno. Un percorso che ha un onere economico e organizzativo alto: i poliziotti sono pochi e ne derivano ritardi anche davanti a malattie gravi». «Mi sono confrontato più volte con la presidente della Regione Donatella Tesei che ha mostrato grande attenzione – spiega – e la prima risposta è stata l'apertura del repartino in ospedale con 4 posti letto. Più la sua battaglia in Conferenza Stato-Regioni sulla necessità di curare i detenuti (in grande maggioranza di fuori regione) attraverso un fondo speciale e non ricadendo, quindi, come oggi, sulle spese ordinarie a carico invece di tutta la nostra comunità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero