OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
PERUGIA - «In Umbria potrebbero arrivare almeno diecimila persone che scappano dalla guerra in Ucraina. Dobbiamo farci trovare pronti». È determinato, Marco Briziarelli, direttore della Caritas di Perugia, sempre in prima linea quando si tratta di aiutare chi ha bisogno.
Come chi, ieri, è partito da Perugia per arrivare al confine con l'Ucraina e portare in Umbria chi sta fuggendo dalle bombe russe sulle città. «Sono partiti in modo autonomo, con pulmini da nove posti per salvare sorelle e bambini, abbiamo preparato per loro pacchi di medicine e generi alimentari. Ora li aspettiamo al loro ritorno, non ci sono numeri, non sappiamo ancora in quanti arriveranno qui – dice don Marco a Il Messaggero -. Ma se consideriamo che in tutta l'Umbria ci sono cinquemila cittadini ucraini, se ognuno riuscisse a salvare un paio di parenti, i conti sono presto fatti». È in questa evenienza (secondo Bruxelles sono già 300mila gli ucraini già rifugiati nel resto d'Europa in questi giorni) che diocesi e Caritas si stanno organizzando, pronti ad accogliere famiglie terrorizzate e che hanno bisogno di aiuto. «La situazione è in continua evoluzione – spiega ancora Briziarelli – e anche se preghiamo perché questa guerra finisca subito, abbiamo predisposto una task force per accogliere i profughi: ci occuperemo di medicine, vestiti e mediazione linguistica, ma il problema principale è l'alloggio. Dopo un anno e mezzo difficilissimo, solo nel 2021 abbiamo fatto 70mila interventi, questi ultimi due mesi sono stati drammatici per il numero di famiglie che hanno chiesto un alloggio a cuasa degli sfratti dovuti alla crisi innestata dal Covid. Quindi c'è carenza di abitazioni: l'appello è a chi ne ha disponibili per offrirle a chi arriverà». Da qui, anche la richiesta a don Vasyl Hushuvatyy, il prete della comunità ucraina a Perugia che si riunisce nella chiesa della Madonna delle Grazie in via Caprera, a fare in modo che ognuno possa accogliere i proprio parenti e amici nelle proprie abitazioni. Ma è chiaro che non sarà sempre possibile e allora tutta la comunità umbra è chiamata ad aiutare per quanto nelle proprie possibilità. Un appello che arriva anche dalla politica alle amministrazioni locali: chi può mettere a disposizione alloggi e strutture, lo faccia.
MANIFESTAZIONI E BUS DI AIUTI
Ma l'Umbria, come sempre, ricorda Francesco d'Assisi e Aldo Capitini. Ricorda il suo essere terra d'accoglienza e ha dimostrato di essere pronta da subito. Le iniziative in tutta la regione si moltiplicano, dalla semplice solidarietà agli aiuti concreti. Così, mentre ieri il vescovo ausiliare di Perugia, monsignor Marco Salvi, ha incontrato la comunità ucraina di rito greco-cattolico («Sono qui per testimoniare la vicinanza della nostra chiesa diocesana a tutti voi. E sono qui con voi per gridare il nostro grande disappunto di fronte all’atrocità della guerra, ma gridare anche verso Dio che sappia fermare questa immane tragedia, questa violenza e che cambi il cuore»), da giorni la comunità si è già mobilitata.
Ieri, per esempio, più di cento persone si sono riunite sotto la Rocca di Umbertide nella manifestazione promossa dal Coordinamento per la pace e dall'Anpi. Le lavoratrici ucraine presenti in zona hanno sventolato una grande bandiera giallo-azzurra. Insieme a loro studenti, associazioni, sindacati, forze politiche (assenti i consiglieri comunali di maggioranza e giunta), tante famiglie con bambini, giovani, anziani.«Non ce l'abbiamo con i russi, vogliamo la libertà e l'indipendenza dell'Ucraina», spiega una manifestante, la voce incrinata dall'emozione. «In Ucraina ho due figli, sono rifugiati in un bunker, hanno paura e chiedono aiuto», le fa eco un'altra. Al termine le donne ucraine hanno intonato il loro inno nazionale. Come fa da giorni Yulia in piazza Italia a Perugia: con una bandiera della pace da sventolare sotto il cavallo di Vittorio Emanuele, da sola ma con un cuore grande così. «Canterò tutti i giorni – spiega - l'inno del mio paese per protestare contro questa guerra inutile».
Intanto ieri da Todi anche Taras e la sua famiglia si sono messi in movimento per inviare aiuti in patria.
Il Messaggero