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“Estote parati”: siate pronti. E gli operatori del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico sono pronti e lo sono h 24. Quest’anno il Corpo festeggia i suoi primi 70 anni e l’occasione ha permesso di fare il punto anche sull’attività che viene svolta in Umbria dal Sasu, il servizio regionale per l’Umbria del Corpo guidato dal presidente Matteo Moriconi. I dati relativi al 2023 raccontano di un totale di 277 interventi effettuati nel Cuore Verde d’Italia che corrispondo al 2.2% del dato nazionale. La media numerica racconta di 23 interventi al mese che, ovviamente hanno piccini in alcune fasi dell’anno e cali in altre. L’azione del Soccorso Alpino e Speleologico dell’Umbria, appunto il Sasu, è conseguentemente legata alla stagionalità In questa fase dell’anno, ad esempio la concentrazione maggiore dal punto di vista operativo riguarda le persone impegnate nella raccolta di funghi ed asparagi.
IL PUNTO
“La nostra attività – spiega il presidente Moriconi – è basata sul volontariato. In Umbria siamo circa un centinaio di operatori con squadre dislocate a Terni, Spoleto, Foligno, Perugia e Città di Castello e altri operatori sulla pronti sulla fascia montana.
LA STORIA
Il Soccorso Alpino e Speleologico dell’Umbria è nato ufficialmente il 5 settembre 1966. Ma prima di quella data l’Umbria è stata segnata già da una serie di complessi interventi. “A metà degli anni ‘50 – racconta la storia del Sasu - in una pessima giornata invernale, tutti i volontari del Cai abili ad intervenire furono chiamati a partecipare alle ricerche di un aereo dato per disperso in Valnerina. All’inizio degli anni 60 a Terni una squadra di speleologi comincia ad organizzarsi per le emergenze in grotta. Il 7 febbraio 1965 una giovane romana si infortuna precipitando per una decina di metri in un tratto verticale nella grotta del Chiocchio, nei pressi di Spoleto”. Due esempi che spiegano le complessità cui all’epoca si è dovuto far fronte in Umbria, in un momento in cui tecniche e modalità, soprattutto quelle speleologiche, erano note solo a pochissime persone tra quelle intervenute. Da quel momento in poi è iniziato un certosino lavoro finalizzato alla formazione degli operatori che ha portato alla nascita del servizio regionale del corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, appunto il Sasu. “Non insegniamo – ricorda il presidente del Sasu Matteo Moriconi – ad andare in montagna, ma a soccorrere in montagna. Nella Centrale 118 c’è un nostro tecnico che dà supporto per le attività di competenza e abbiamo anche un tecnico di elisoccorso alla base di Foligno”. Chi entra a far parte del Soccorso Alpino, quindi, sa già come muoversi in montagna, conosce le regole, i comportamenti e le giuste dotazioni, attrezzature da portarsi al seguito. E grazie a queste competenze, che sono l’essenza per fare la differenza e salvare una o più persone, che sia in luogo impervio o in grotta, è essenziale. Fare soccorso, quindi, è la chiave di volta dove l’operatore è colui il quale, in un contesto di team, sa quale è il suo compito e lo deve portare a termine secondo un previsto protocollo e con delle tecniche più che rodate. Il tutto forte anche della necessità di avere, da parte di chi richiede l’entrata in azione del Sasu, informazioni precise che hanno lo scopo di rendere l’intervento mirato e veloce.
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