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A tre anni e mezzo dall'inizio della sua odissea, Riccardo Capecchi vive le ultime settimane del processo a suo carico per traffico internazionale di droga con il cuore diviso a metà. Da un lato la ragione che filtra anche dai suoi avvocati in Perù, soddisfatti del lavoro fatto per dimostrare l'assoluta estraneità del fotografo castiglionese; i suoi legali infatti hanno presentato più prove documentali e portato più testimoni che l'accusa stessa. Dall'altro lato il dubbio che stringe Capecchi è la fermezza delle posizioni del pm in quasi quattro anni di iter processuale.«Non posso sapere a cosa sto andando incontro – racconta lo stesso fotografo da Lima – non è stata dimostrata con nessuna prova il mio coinvolgimento in questa storia». Eppure ad oggi niente è cambiato, nonostante dal Trasimeno si siano uniti semplici cittadini in un Comitato per aiutare la famiglia e lo stesso Riccardo, e gli sforzi della politica locale. La rigidità per un'accusa del genere resta massima e si è anche riverberata nei modi in cui la giustizia peruviana ha contro interrogato - per via telematica - conoscenti, parenti e committenti dei lavori del fotografo castiglionese. Chiamati dalla difesa per spiegare la sua totale estraneità al mondo del traffico di droghe. La fase di giudizio è iniziata il maggio scorso e fino ad oggi ha contato 55 udienze. La prossima sarà una settimana chiave per il futuro di Riccardo perché la difesa potrà presentare l'arringa finale. Assoluzione o condanna arriveranno alcuni giorni dopo, con ogni probabilità all'inizio di ottobre. L'iter processuale che ha portato ad oggi è stato frastagliato da ritardi e cambi di protagonisti: si sono succeduti tre pubblici ministero e due giudici. Le accuse sono rimaste sempre le stesse del mandato d'arresto. Su di Riccardo Capecchi pende la richiesta di sedici anni di carcere dopo che il 20 maggio del 2019 venne fermato a Lima, dove si trova tutt'ora con obbligo di firma, cinque giorni dopo che la polizia aveva fatto irruzione e colto in flagranza di reato alcuni connazionali: gli stessi che lo avevano ingaggiato per un reportage fotografico in Perù, a bordo di quattro fuoristrada. Uno di questi mezzi intestato proprio al fotografo castiglionese, e sul quale non sono state rinvenute tracce di droga. In un primo tempo cercato dalle forze dell'ordine peruviane solo come testimone le cose sono presto precipitate.
Il Messaggero