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FOLIGNO - “Non sappiamo più che fare per i nostri figli. Ci sentiamo al capolinea e come provocazione, che tale resta, stiamo pensando di chiede una “legge ad personam” per chiedere l’eutanasia per noi e per i nostri stessi figli affetti da gravi situazioni di disabilità”. A parlare con Il Messaggero, facendosi di fatto portavoce di tante situazioni analoghe alla sua, è Giuseppe Carloni, padre di un figlio affetto da autismo grave, che con questa provocazione strema vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica il profondissimo disagio, per non dire quasi la disperazione, che tante famiglie vivono ormai da anni. Situazioni pesantissime che con la pandemia Covid e con il lockdown si sono amplificate rischiando fortemente di diventare irreversibili. “La questione – prosegue Carloni – non riguarda il dopo di noi, cioè le strutture dedicate ad accogliere chi è affetto da disabilità molto gravi dopo che i familiari non si sono più. Ciò che vogliamo portare all’attenzione, e proprio per questo abbiamo voluto lanciare questa fortissima provocazione, è quello che noi abbiamo imparato a chiamare, vivendolo giorno per giorno, “il durante noi”. Mi riferisco, e ci riferiamo, all’assenza di strutture che possano dedicate all’accoglienza dei nostri figli per periodi specifici e nell’arco delle 24 ore. Vi siete mai chiesti cosa accade se un familiare, e in molti casi ce ne è soltanto uno e spesso anziano, deve per qualche motivo sottoporsi, tanto per fare un esempio, ad un intervento chirurgico anche non complesso? Del figlio con disabilità chi se ne occupa? Le questioni che in questa occasione vogliamo porre – prosegue il papà – sono tutte concentrate sul benessere dei nostri cari e amati figli che quotidianamente devono già affrontare una vita non semplice ma sicuramente vissuta con l’affetto dei familiari e degli operatori che, nei vari ruoli, li seguono nelle attività legate al diurno. Non vogliamo assolutamente sollevare situazioni esclusivamente personale o fare leva sulle emozioni per avere qualche sprazzo di vicinanza o solidarietà. Ciò che vogliamo, e lo vogliamo per i nostri figli, è che si possa aprire una ragionamento per la realizzazione di questi centri in numero utile da rispondere alle crescenti esigenze. Numeri che si spiegano da soli e che sono drammaticamente in crescita. Come genitori di persone con disabilità grave, perché è di persone che si sta parlando, porteremo avanti questa battaglia civile che riguarda tante situazioni.
Il Messaggero