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TERNI L’ex Milizia stava per diventare di proprietà del Santa Maria, ad un passo dalla firma del contratto con l’Ater saltò tutto per volontà della Regione. L’ex presidente Alessandro Almadori il 16 gennaio del 2020 aveva scelto come sede per la conferenza stampa di fine mandato proprio l’ex caserma di via Campomicciolo. Una struttura di 3 mila metri quadri, la cui riqualificazione era stata pensata nel lontano 2004 per ospitare i laboratori di ricerca sulle cellule staminali. Progetto mai decollato per diverse problematiche sorte negli anni e che è stata al centro anche di un’indagine della Corte dei conti: «Purtroppo sono stati tanti gli sforzi fatti - disse all’epoca Almadori - per trovare una soluzione per la sua valorizzazione ed ora è un dovere riuscire a trovarla, mi auguro che lo faccia la prossima governance di Ater, in sinergia con Regione e Santa Maria, per mettere questo bene a servizio della collettività. La struttura è finita a tutti gli effetti - concluse il presidente dell’Ater - l’edificio è nato per la ricerca biomedica, c’è impiantistica di grande rilievo adatta soprattutto all’utilizzo sanitario». Due mesi dopo (a marzo) scrisse anche una letterina ai vertici della Regione con la quale invitava l’assessorato alla Sanità a prendere in forte considerazione la struttura per rispondere alla pandemia in atto ospitando i pazienti covid. Lettera rimasta morta. La verità è che l’ex milizia è stata ad un passo dall’acquisizione da parte dell’azienda ospedaliera un anno e mezzo prima, ma il no definitivo venne dalla giunta dell’ex governatrice Catiuscia Marini. Eppure la stretta di mano tra l’ex direttore generale dell’ospedale Santa Maria Maurizio Dal Maso e il presidente dell’Ater Alessandro Almadori c’era già stata e mancavano solo le loro firme nel contratto di compravendita. La cessione dello stabile di via Campomicciolo avrebbe dovuto portare nelle casse dell’agenzia territoriale per l’edilizia residenziale sei milioni e trecentomila euro che sarebbero servite per coprire le spese di ristrutturazione affrontate dall’Ater e allontanare l’ipotesi del danno erariale prospettato dalla Corte dei Conti di Perugia. L’Ater aveva ristrutturato i locali a peso d’oro perché dovevano essere poi consegnati all’azienda ospedaliera in cambio di 300 mila euro all’anno.
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Il Messaggero