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Le imprese umbre sono più attente al fatturato e agli dipendenti che alla propria redditività messa a dura prova in questo 2022 segnato dall’impatto del conflitto Russo-Ucraino e dagli effetti dell’inflazione. L’indagine della Camera di commercio dell’Umbria, “L’economia umbra e i bilanci delle imprese”, e l’analisi dell’Istituto Tagliacarne evidenziano gli aspetti positivi del sistema produttivo umbro confermando i suoi punti deboli in termini di produttività e risultati. Se l’anno in corso si sta chiudendo col 61% degli imprenditori soddisfatti della situazione attuale, guardando al 2023 crescono le preoccupazioni, col 42% delle aziende convinte che la situazione peggiorerà. “Nel 2022 il fatturato è cresciuto, ma in percentuale i costi sono aumentati ancora di più”, racconta il manager di una grande impresa altotiberina.
Nel 2021 le due province umbre sono state tra le 26, su 107, che hanno recuperato, superandoli, i livelli pre-Covid, mostrando un tasso di concentrazione della ripresa piuttosto elevato. Un aspetto messo in luce nel convegno tenutosi ieri al Centro Galeazzo Alessi di Perugia dal direttore generale del Centro studi Tagliacarne (Cst), Gaetano Fausto Esposito. “L’Umbria è stata una delle poche regioni che nel 2021 ha superato il tonfo dovuto alla pandemia, registrando tra il 2019 e il 2021 il più alto tasso di crescita del valore aggiunto. Secondo il nostro Osservatorio, poi, nel 2022 quasi un quarto delle imprese umbre supererà i livelli produttivi pre-Covid”. Un trend che vede le micro e piccole imprese più in difficoltà, preoccupate per la crisi energetica che pone il Cuore verde in una posizione più fragile. Un’elaborazione Cst su dati Enea e Istat, infatti, pone l’Umbria al primo posto in Italia per “intensità energetica”: con 96,1 migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) si pone molto al di sopra della media nazionale. Per il futuro la transizione energetica è diventata una priorità. “Per accompagnare la crescita, gli imprenditori umbri spingeranno più degli altri sulla duplice transizione green e digitale”, aggiunge Esposito. “Entro il 2024, il 53% investirà in tecnologie green e il 41% in digitale, mentre il 64% di esse non intende attivarsi per utilizzare le risorse del Pnrr”. Si tratta in ogni caso del dato più basso a livello nazionale. Nell’analisi comparata proposta dal Cst, le imprese umbre presentano vari elementi di resilienza rispetto alle altre regioni del Centro. Questo nonostante un 11% circa sia a “rischio”, comunque un dato inferiore a quello delle Marche.
Un quadro che trova conferma nell’analisi realizzata dalla Camera di Commercio dell’Umbria sui bilanci aggregati 2019-2021 delle imprese che operano sotto-forma di SpA, Srl e società cooperative, confrontati con quelli di Marche, Abruzzo e Toscana.
Il Messaggero