Energia e materie prime, imprese a terra a causa dei rincari: «I costi azzerano i profitti»

L'incontro della CAmera di Commercio con l'assessore regionale Michele Fioroni
Le imprese umbre sono più attente al fatturato e agli dipendenti che alla propria redditività messa a dura prova in questo 2022 segnato dall’impatto del...

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Le imprese umbre sono più attente al fatturato e agli dipendenti che alla propria redditività messa a dura prova in questo 2022 segnato dall’impatto del conflitto Russo-Ucraino e dagli effetti dell’inflazione. L’indagine della Camera di commercio dell’Umbria, “L’economia umbra e i bilanci delle imprese”, e l’analisi dell’Istituto Tagliacarne evidenziano gli aspetti positivi del sistema produttivo umbro confermando i suoi punti deboli in termini di produttività e risultati. Se l’anno in corso si sta chiudendo col 61% degli imprenditori soddisfatti della situazione attuale, guardando al 2023 crescono le preoccupazioni, col 42% delle aziende convinte che la situazione peggiorerà. “Nel 2022 il fatturato è cresciuto, ma in percentuale i costi sono aumentati ancora di più”, racconta il manager di una grande impresa altotiberina.


Nel 2021 le due province umbre sono state tra le 26, su 107, che hanno recuperato, superandoli, i livelli pre-Covid, mostrando un tasso di concentrazione della ripresa piuttosto elevato. Un aspetto messo in luce nel convegno tenutosi ieri al Centro Galeazzo Alessi di Perugia dal direttore generale del Centro studi Tagliacarne (Cst), Gaetano Fausto Esposito. “L’Umbria è stata una delle poche regioni che nel 2021 ha superato il tonfo dovuto alla pandemia, registrando tra il 2019 e il 2021 il più alto tasso di crescita del valore aggiunto. Secondo il nostro Osservatorio, poi, nel 2022 quasi un quarto delle imprese umbre supererà i livelli produttivi pre-Covid”. Un trend che vede le micro e piccole imprese più in difficoltà, preoccupate per la crisi energetica che pone il Cuore verde in una posizione più fragile. Un’elaborazione Cst su dati Enea e Istat, infatti, pone l’Umbria al primo posto in Italia per “intensità energetica”: con 96,1 migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) si pone molto al di sopra della media nazionale. Per il futuro la transizione energetica è diventata una priorità. “Per accompagnare la crescita, gli imprenditori umbri spingeranno più degli altri sulla duplice transizione green e digitale”, aggiunge Esposito. “Entro il 2024, il 53% investirà in tecnologie green e il 41% in digitale, mentre il 64% di esse non intende attivarsi per utilizzare le risorse del Pnrr”. Si tratta in ogni caso del dato più basso a livello nazionale. Nell’analisi comparata proposta dal Cst, le imprese umbre presentano vari elementi di resilienza rispetto alle altre regioni del Centro. Questo nonostante un 11% circa sia a “rischio”, comunque un dato inferiore a quello delle Marche.

Un quadro che trova conferma nell’analisi realizzata dalla Camera di Commercio dell’Umbria sui bilanci aggregati 2019-2021 delle imprese che operano sotto-forma di SpA, Srl e società cooperative, confrontati con quelli di Marche, Abruzzo e Toscana. Studio composto incrociando i dati di 11.400 società realizzato da un gruppo di lavoro composto da Luca Ferrucci, economista dell’UniPg, Giuseppe Castellini (Cciaa) e Andrea Massarelli (Intercam). Tra i dati elaborati, quello relativo al valore della produzione per impresa che in Umbria nel triennio ha avuto un andamento migliore (+16,1%), presentando il valore assoluto maggiore, pari a 3,536 milioni di euro. Quanto al valore aggiunto per impresa, benché sia cresciuto meno rispetto alle altre tre regioni, ha realizzato un +6,9%, superando del 16% il valore pre-Covid. Le società umbre non sfigurano neanche sotto l’aspetto dell’occupazione, con la crescita degli addetti nel triennio superiore a quella delle altre regioni esaminate. La regione appare invece in ritardo su elementi come valore aggiunto, redditività e investimenti i cui indici per impresa sono di gran lunga inferiori rispetto alle regioni limitrofe (solo nel Roe l’Umbria si lascia dietro le Marche). “Delle cinque leve per spingere la crescita – spiega Luca Ferrucci - l’Umbria ne utilizza soprattutto due, puntando su aumento del fatturato e degli addetti. Meno attenzione viene posta su crescita del valore aggiunto e redditività aziendale, realizzando risultati inferiori a quelli che lo sforzo messo in atto meriterebbe e prefigurando elementi di fragilità anche nel lavoro, poco remunerato”. Tra i settori si conferma la crescita del manifatturiero a livello di produzione, ma anche una bassa redditività, mentre presenta risultati più brillanti il commercio anche rispetto alle costruzioni. Da segnalare, durante l’incontro anche la testimonianza di Paolo Guerriero Carloni, ad della SpA Nardi che ha rilevato come nel corso del 2022 il fatturato dell’azienda sia aumentato del 25% specificando però che l’aumento dei costi, trainato dai rincari energetici e delle materie prime, è stato dell’ordine del 40%. “Di conseguenza i margini reddituali si sono molto assottigliati”, ha rilevato il manager. “I dati ci dicono che dobbiamo aumentare valore aggiunto e redditività – spiega Giorgio Mencaroni, presidente Cciaa - per affrontare una crescita economicamente sostenibile e utilizzare in modo efficace ed efficiente le risorse”. L’assessore regionale Michele Fioroni ha posto l’accento sul ruolo della Regione. “La spinta che emerge su green e digitale è anche frutto delle politiche regionali di incentivazione e rafforzamento”. Alla riflessione sulla congiuntura economica umbra ha preso parte anche l’economista e ricercatore Bankitalia, Paolo Guaitini, che ha illustrato l’ultimo report sul credito. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero