Dopo l'inferno di Marghera Pramod torna a casa e riabbraccia moglie e figlia «Grazie a tutta la città»

Dopo l'inferno di Marghera Pramod torna a casa e riabbraccia moglie e figlia «Grazie a tutta la città»
«Tornare a casa è stata una sensazione che non riesco a descrivere. Finalmente dopo tre mesi ho potuto riabbracciare mia figlia, i miei genitori, mio fratello. Non...

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«Tornare a casa è stata una sensazione che non riesco a descrivere. Finalmente dopo tre mesi ho potuto riabbracciare mia figlia, i miei genitori, mio fratello. Non dimenticherò mai la grande solidarietà di una città straordinaria, che non ha mai fatto sentire sola la mia famiglia».

Pramod Saw, 33 anni, indiano che vive a Terni da 18 anni, dipendente della General Montaggi, vittima di un gravissimo infortunio a Porto Marghera, ha lasciato il centro grandi ustionati di Verona: «Mi hanno trattato non come un paziente ma come un figlio, un amico, e anche questo non potrò mai dimenticarlo».
Pramod stringe tra le braccia la piccola Sofia, 3 anni, che non lo lascia neppure per un istante: «Quando mi ha visto tutto bendato è scoppiata a piangere, quasi non mi riconosceva. Continua a chiedermi come mi sento, cosa mi è successo e non mi fa mancare i suoi baci».

Il suo adorato papà ha addosso i segni evidenti delle gravissime ustioni riportate nell'infortunio sul lavoro che si verificò il 15 maggio scorso, dopo l'esplosione nell'impianto della 3V Sigma di Porto Marghera. «Ho visto la morte in faccia. Ho avuto accanto qualche santo, non solo per le gravissime ustioni riportate su tutto il corpo ma perché, in preda al panico, mi sono buttato da dieci metri d'altezza senza riportare ferite». Di quei terribili momenti Pramod, che è rimasto cosciente fino all'arrivo dell'ambulanza, ricorda ogni minimo dettaglio:«L'incendio è scoppiato mentre il collega ha iniziato a saldare il tubo. Non si vedeva nulla, Salvatore è riuscito a scappare. Io avevo la cinta di sicurezza agganciata e sono andato in panico. Quando sono riuscito a sganciarla avevo una sola alternativa: buttarmi sull'asfalto. Dopo volo di dieci metri, avvolto dalle fiamme, mi sono alzato in piedi, cercavo l'acqua e un uomo con l'idrante mi ha bagnato un po'. Sono caduto vicino al cancello, il dolore era insopportabile e da quel momento in poi non ricordo più nulla. Il risveglio venti giorni dopo in ospedale». Uscito dal coma, con accanto sua moglie Shweta che non l'ha mai lasciato, Pramod ha affrontato delicati interventi chirurgici ed ora per tornare in piena forma lo attende un duro ciclo di fisioterapia: A casa sono più sereno ma so bene che ancora non è finita. Lo sarà quando riuscirò a camminare bene. Per sostenere Pramod e la sua famiglia si sono mobilitate due città: la sua Terni e Marghera, dove ripete di essere stato curato come un figlio. Per dare un contributo alla famiglia Saw, dopo l'incidente che ha costretto Pramod a interrompere il suo lavoro, è ancora attiva la raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe Aiutiamo Pramod ed è possibile donare anche su codice Iban IT09R0306914499000000081611.
Nicoletta Gigli Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero