Dirigente della Regione a processo per stalking: telefonate, minacce e pure un finto colloquio di lavoro pur di vedere la ex

Dirigente della Regione a processo per stalking: telefonate, minacce e pure un finto colloquio di lavoro pur di vedere la ex
SPOLETO - È accusato di aver perseguitato per oltre due mesi, tra telefonate, messaggi e visite a sorpresa sotto casa, il dirigente regionale di 60 anni raggiunto da un...

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SPOLETO - È accusato di aver perseguitato per oltre due mesi, tra telefonate, messaggi e visite a sorpresa sotto casa, il dirigente regionale di 60 anni raggiunto da un decreto di giudizio immediato, diposto dal giudice Federica Fortunato: il processo inizierà il prossimo 28 settembre.

Una vicenda anticipata da Umbriajournal in cui, secondo le accuse del pubblico ministero di Spoleto Elisa Iacone, l'uomo – residente a Foligno – avrebbe minacciato e molestato la sua ex tra marzo e maggio scorsi, con condotte reiterate anche successivamente nonostante il divieto di avvicinamento emesso dopo le denunce della donna, una 53enne di Trevi con cui aveva avuto una relazione. Una storia finita male, tra tira e molla magari tipici di un rapporto altalenante, di quelli sospesi e ripresi in base all'umore, ma certamente i racconti che la ex ha fatto agli investigatori sono diventati due pagine di capo di imputazione, con una ventina di episodi persecutori da cui l'imputato dovrà adesso difendersi davanti al giudice Festa.


In base alle accuse della 53enne, assistita dall'avvocato Franco Libori, il dirigente regionale da marzo, dopo la fine della relazione, l'avrebbe insultata, minacciata e chiamata «insistentemente a tutte le ore del giorno e della notte, tanto da indurla a bloccare i suoi contatti». Il 60enne è arrivato a chiamare anche i parenti della ex, pur di aver un contatto con la donna, raggiunta anche sotto casa per riempirla di insulti, tanto da rendere necessario l'intervento di un vicino per calmarlo. E poi le foto inviate via mail per farle capire l'avesse seguita o un finto colloquio di lavoro organizzato con un amico solo per incontrarla o un video girato in un uliveto di proprietà della donna. Episodi che, secondo le accuse, le hanno cagionato un «fondato timore per l'incolumità propria e dei prossimi congiunti» e l'hanno costretta a «mutare abitudini di vita». Tutte accuse che l'uomo, difeso dall'avvocato Nicola Di Mario, ora dovrà smontare, ma partendo dalla consapevolezza che l'amore è finito. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero