Perugia, diciassettenne morta in ospedale per l'influenza: cinque medici indagati dopo un anno

Maria Elia, morta di influenza a 17 anni
PERUGIA - Maria Elia oggi sarebbe stata maggiorenne, magari avrebbe già preso la patente, guardando al suo futuro tutto da disegnare. E invece tre giorni fa...

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PERUGIA - Maria Elia oggi sarebbe stata maggiorenne, magari avrebbe già preso la patente, guardando al suo futuro tutto da disegnare. E invece tre giorni fa papà Gennaro è andato al cimitero a portare i fiori per il primo anniversario della sua morte. Perché Maria il 27 marzo del 2022 è morta in ospedale per un'influenza letale: una combinazione assurda dovuta da una doppia infezione, da influenza  e da stafilococco aureo. E per quel decesso, avvenuto nel giro di 30 ore, dal ricovero del venerdì sera al cuore che ha smesso di battere la domenica mattina, ora sono indagati cinque sanitari del Santa Maria della misericordia: quattro specializzandi e un anestesista. Con il giudice Carla Maria Giangamboni che ha fissato, dopo la richiesta del pubblico ministero Paolo Abbritti, l'incidente probatorio per il prossimo 5 aprile.

In quella sede, i periti nominati da Giangamboni, Vittorio Fineschi e Monica Rocco, dovranno spiegare «qual è stata la tipologia e l'evoluzione della malattia che ha colpito Maria Elia e quali le cause della morte».
In particolare, il giudice vuole sapere «se le terapie alle quali è stata sottoposta sono state corrette e rispondenti alle linee guida o se la condotta del personale medico sia stata caratterizzata da imprudenza, omissioni, negligenza o imperizia». Ma soprattutto, come chiesto dal padre di Maria, assistito dagli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile, «come particolare riguardo alla terapia Ecmo, se la stessa, tenuto conto delle condizioni e delle evoluzioni della malattia, poteva essere attivata in un momento antecedente o vi siano stati ritardi, se vi erano possibilità che tale terapia avesse efficacia e con quale probabilità, o se comunque, anche in caso di tempestiva attivazione e sottoposizione alla terapia, l'esito sarebbe stato comunque il medesimo».
L'incidente probatorio servirà anche ad accertare «se la struttura ospedaliera aveva la strumentazione e il personale adeguato all'utilizzo della terapia» e se «vi siano state carenze organizzative», con la richiesta all'ospedale di Firenze (che ha l'Ecmo più vicina) «sia stata fatta tempestivamente o meno».
Un accertamento che si spera metta un punto fermo sulla morte di Maria: la procura infatti aveva fatto richiesta di archiviazione «non essendo ipotizzabili profili di responsabilità penale nei confronti di alcuno».


Una nota firmata dal procuratore capo Raffaele Cantone aveva infatti spiegato come «non possono muoversi censure» al personale ospedaliero «né in relazione alla fase diagnostica né tanto meno alla conseguente prescrizione delle relative terapie», con cure apparse «tempestive e conformi alle linee guida oggi disponibili». Ma la famiglia ha fatto opposizione alla richiesta di archiviazione, proprio puntando sulla possibilità che l'Ecmo (lo strumento per l'ossigenazione extracorporea) potesse salvare Maria. E lo scorso gennaio quindi il gip Natalia Giubilei ha disposto ulteriori accertamenti che hanno fatto ripartire l'inchiesta. I sanitari, difesi dagli avvocati Francesco Falcinelli e Alessandro Vesi, e dopo che sulla morte era stata attivata anche un'indagine ministeriale, sono pronti a dimostrare di nuovo la correttezza del proprio operato. Con la convinzione che Maria sia morta per una sfortunatissima combinazione e un destino davvero troppo crudele. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero