Riparte la Galleria Nazionale con la mostra nascosta

Marco Pierini direttore della Galleria Nazionale dell'Umbria
PERUGIA - Il 18 maggio si avvicina anche per la cultura. Il direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, Marco Pierini, spiega quali saranno le modalità per...

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PERUGIA - Il 18 maggio si avvicina anche per la cultura. Il direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, Marco Pierini, spiega quali saranno le modalità per la riapertura del museo.

Direttore Pierini, pronti per la ripartenza?
«Innanzitutto non riapriremo il 18 maggio ma una decina di giorni dopo, con ogni probabilità giovedì 28. Bisognerà infatti essere pronti con tutte le misure di prevenzione – che non sono poche – e si dovranno forse rivedere orari di apertura e percorsi».
Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini in Senato ha detto che per alcuni settori sarà un attraversamento nel deserto. Quale sarà la sua strategia per far ripartire la Galleria Nazionale?
«Da un certo punto di vista per noi potrebbe essere quasi più facile che per altri musei. Abbiamo sempre lavorato molto per la città e per la regione e abbiamo curato con grande attenzione i rapporti con i visitatori abituali (ultimamente, per esempio, proponendo l’abbonamento annuale a venti euro). Dovremo ripartire da qui, anche se ovviamente concerti, presentazioni, conferenze, spettacoli andranno rimandati all’anno successivo o completamente rimodulati. Pertanto dovremo concentrarci molto sulla collezione – che da sempre è la vera spina dorsale del museo – e sull’attività espositiva».
La mostra su Taddeo di Bartolo non è, purtroppo, mai stata aperta al pubblico, da programma dovrebbe chiudere il 7 giugno, pensa di poterla prorogare?
«Per fortuna, grazie alla disponibilità di tutti i prestatori, riusciamo a prorogarla fino al 30 agosto».
Tomaso Montanari, storico dell’arte, nell’ultima seduta del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, ha avanzato una proposta che potrebbe ridare ai musei la loro interlocutrice naturale, da troppo tempo dimenticata: la scuola, trasformando le sale, per alcuni giorni a settimana in aule. Come giudica questa proposta?
«Bene e male allo stesso tempo. Se la proposta intende andare nella direzione di intensificare il rapporto tra museo e scuole (università comprese) non posso che essere d’accordo. Del resto la Galleria è da sempre frequentata da classi che vanno dalla scuola materna alle università e non si è mai sottratta al proprio dovere ogni qualvolta si è trattato di corrispondere alla propria vocazione formativa, ospitando e progettando in autonomia corsi, lezioni, visite guidate, laboratori. Se invece si intende apparecchiare le sale dei musei con i banchi e trasformarle in classi, allora mi convince meno…».
In queste settimane di chiusura la Galleria non si è mai fermata grazie al digitale, può ritenersi soddisfatto dei risultati ottenuti e dell’offerta culturale programmata? A tal proposito, da giorni fioccano critiche sull’utilizzo di TIK TOK da parte degli Uffizi, crede che forse ci si è spinti un po’ troppo oltre pur di aprirsi a un pubblico più giovane?

«Sono assolutamente soddisfatto. Tutti i nostri profili social sono stati molto frequentati e in larga maggioranza gli amici del museo che ci seguono in rete hanno apprezzato le novità che abbiamo proposto e il nuovo taglio che abbiamo dato alla comunicazione. Si dovrà continuare su questa strada anche finita l’emergenza, perché – sono convinto – l’attività digitale della galleria non è e non sarà mai sostitutiva della visita al museo, può solo essere un ottimo strumento di promozione, di approfondimento e, perché no, talvolta di puro divertimento. Certo non si deve esagerare e soprattutto non bisogna rivolgersi ai giovani con un linguaggio e dei contenuti che imitano i loro ma sono evidentemente predisposti da adulti (anche molto cresciuti…)». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero