Varianti, il nuovo virus ha sostituito il vecchio

Varianti, il nuovo virus ha sostituito il vecchio
PERUGIA - Il virus è mutato. Nel territorio della provincia di Perugia si è trasformato ormai quasi completamente. I tecnici arrivano ad usare un termine che rende...

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PERUGIA - Il virus è mutato. Nel territorio della provincia di Perugia si è trasformato ormai quasi completamente. I tecnici arrivano ad usare un termine che rende l’idea: «sostituzione». Le varianti hanno preso il posto del ceppo originario di Sars Cov-2.


L’INDAGINE
Dai cinque laboratori umbri di microbiologia, nei giorni scorsi, sono stati inviati all’Istituto superiore di Sanità 114 campioni del virus in circolazione allo scopo di svolgere il sequenziamento genetico. I primi risultati, comunicati nella tarda serata di giovedì, sono impressionanti: su 77 campioni analizzati, 63 possono essere catalogati come varianti, precisamente 41 del ceppo cosiddetto “brasiliano” e altri 22 di quello “inglese”. Gli altri risultati saranno trasmessi tra oggi e domani. In pratica, l’82 per cento dei campioni di virus in circolazione in Umbria risulta mutato rispetto al primo Coronavirus.
I RISULTATI
Il risultato colpisce anche per un altro aspetto: i 114 campioni sono stati selezionati su una base statistica generale. Non è stata fatta una cernita rispetto, ad esempio, a pazienti con sintomi più vicini ai comportamenti delle nuove varianti o ad altri fattori specifici: l’indagine punta esclusivamente a fotografare lo stato delle cose e capire quali virus si stiano muovendo in questo momento in Umbria. «In modo tale che il risultato possa essere rappresentativo della popolazione in generale», spiega il direttore regionale della Sanità Claudio Dario.
LA GEOGRAFIA
Ad avvalorare la tesi che i nuovi virus si stiano muovendo prevalentemente nel territorio della provincia di Perugia, la geografia va in soccorso alla microbiologia. La curva del contagio della provincia di Perugia, infatti, risulta molto diversa rispetto a quella del Ternano e i due grafici continuano a procedere diversamente. Emblematico il caso di Amelia, in cui l’aumento di contagi è stato ricondotto ad un cluster ben individuato e circoscritto, con un comportamento molto diverso rispetto l’andamento dei contagi nel Perugino.
Non solo, i primi dati dell’analisi statistica sono stati discussi tra giovedì e venerdì tra i tecnici umbri e gli addetti dell’Istituto superiore di sanità che hanno evidenziato situazioni di «porosità» con alcuni territori vicini: l’aretino ed il senese. Tradotto: il virus mutato, estremamente più contagioso, potrebbe essere già in circolazione tra Umbria e Toscana.
Anche il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, ieri ha confermato la gravità della situazione: «Ci aspettiamo un aumento dei casi dovuto alla variante inglese che è molto diffusa soprattutto sulla costa adriatica... la variante brasiliana è diffusa in Umbria, soprattutto a Perugia e in alcune zone della Toscana con casi sporadici».
La task force per l’emergenza è anche al lavoro con il tracciamento per tentare d’individuare il potenziale “paziente zero” proprio del ceppo brasiliano del virus.
IL CASO NAZIONALE

Ma il caso Umbria può funzionare da riferimento per comprendere oggi il comportamento del virus. «Quello che sta accadendo qui adesso è elemento di conoscenza per il livello nazionale - rimarca il direttore Dario - di conseguenza con l’Istituto superiore di sanità e con il Ministero stiamo valutando i dati epidemiologici che sono stati inviati giorni fa, per arrivare ad un’elaborazione congiunta». Un dato certo: la fotografia statistica scattata alle varianti «impone certamente di proseguire con le misure restrittive», rimarcano dalla direzione regionale Sanità. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero